Migranti: dai barconi agli atenei, eccellenze dell’integrazione

In Europa a piedi, poi la laurea in Italia, Sohrab ora è ingegnere, mentre stringe la mano al presidente Sergio Mattarella. Migranti
In Europa a piedi, poi la laurea in Italia, Sohrab ora è ingegnere, mentre stringe la mano al presidente Sergio Mattarella. (ANSA)

ROMA. – Avvocato, ingegnere meccanico o una giovane donna laureata in Economia. L’onda del Mediterraneo infranta sulle coste italiane lascia tra i detriti dei barconi anche una parte del futuro del nostro Paese, che viene dall’Africa o dal deserto asiatico. E tra i rifugiati che scappano dalla guerra ci sono delle eccellenze di cui l’Italia è orgogliosa.

“Il progetto che sto portando avanti grazie a tante persone mi fa credere che potrò essere utile”, dice commosso Sohrab, afghano di 25 anni mentre si rivolge al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il quale ha partecipato all’inaugurazione a Roma del nuovo ‘Centro Matteo Ricci’ per l’accoglienza e l’integrazione dei richiedenti asilo e rifugiati.

Sohrab ha lasciato la madre quando aveva 14 anni, attraversando molti paesi da solo, con i trafficanti e con altri bambini conosciuti in cammino. E’ arrivato in Europa con un gommone carico di persone partito dalla Turchia e arrivato in Grecia, dove è finito per la prima volta in carcere. Lui, che sognava l’Europa, ha provato a scappare tante volte: dentro o sotto un camion, sopra la cabina del guidatore.

“Venivo sempre fermato e rimandato indietro – racconta -. E dopo tanti tentativi falliti ho deciso di provare a uscire dalla Grecia via terra: Macedonia, Serbia, Ungheria e tante prigioni diverse. E poi ancora dall’Ungheria all’Austria, la Germania e infine l’Italia. Sempre a piedi.

“Ho imparato ad orientarmi con il sole e una mappa di carta, poiché allora non era facile avere un gps. Durante il mio viaggio avevo imparato a comunicare in inglese – dice sorridendo – . In Italia ho chiesto asilo politico, mi hanno accolto in un centro per i rifugiati e in sei mesi ho imparato l’italiano”.

In tre anni Sohrab ha studiato per riuscire a frequentare l’università e ora, da poco più di un mese, è un ingegnere meccanico, laureato a La Sapienza.

Storie simili sono quelle di Charity, una giovane camerunense di 25 anni, rifugiata in Italia da due anni, che dopo essersi laureata in Economia nel suo Paese ha lasciato la famiglia per cominciare la sua nuova vita, impegnandosi per il riconoscimento dei suoi studi anche qui in Italia. “E’ l’unico modo che ho per ringraziare i miei genitori di avermi insegnato che lo studio e la cultura possono cambiare il mondo”, spiega.

Soumaila, invece, in Italia ha cominciato a lavorando nei campi, dopo essere partito dal Mali, passando per l’Algeria, fino a sbarcare in Sicilia quattro anni fa con un barcone dalla Libia. Oggi, a 31 anni, quando dice che presto diventerà avvocato, i suoi amici lo prendono sul serio. “Mi sono laureato nel mio Paese e mi sto specializzando in diritto dell’immigrazione all’ateneo di Roma Uno – racconta – . Ma è stata dura, ricordo che un giorno mentre ero in metro volevo cedere il posto a qualcuno che poi mi disse: ‘non mi metto al posto di un negro'”.

Ora Soumaila gira nelle scuole per insegnare ai ragazzi il nonsense di quelle frasi. “Ma prima ho lavorato nei campi, poi all’Ikea come operaio”. E presto diventerà avvocato. “Voglio restare in Italia – dice – dove continuerò a credere che, in metro così come nella vita, c’è sempre posto”.

 

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