Maldini jr. al Fano, quando va in campo la terza generazione

Christian Maldini, classe 1996
Christian Maldini, classe 1996

ROMA. – Per loro sul campo c’è sempre e ci sarà sempre un avversario in più da superare, dribblare, scansare. E qualsiasi cosa facciano, si finirà sempre col fare paragoni. E’ la tormentata carriera sportiva dei figli d’arte che cercano sempre di essere più forti, ma più che dei loro padri, dei pregiudizi. Mostrarsi al mondo per quello che si vale realmente, a volte è davvero difficile quando sulla maglietta si porta il nome di Mazzola, Cudicini, Conti, Marchegiani, Di Livio, Simeone, Maldini, Chiesa, tanto per citare nomi che hanno scolpito il mondo del pallone.

Per una questione di numeri, tra squadre Primavera, Allievi, Giovanissimi e altre categorie, qualche figlio d’arte capita per forza che ci finisca dentro, magari cominciando con la stessa maglia del papà. Ma un conto sono le attese e un conto i risultati, perché solo il talento può scandire la vita dei “figli di” che può essere dura o in discesa: si passa da De Rossi, Conti, Destro, Antonelli, Di Francesco, Zaniolo, tanto per restare all’attualità, ai vari Di Livio, Marchegiani, Valoti, Loseto, Tovalieri, Petruzzi, fino al nipote di Boniperti, (Filippo). Il figlio del mito Cruijff per sentirsi più leggero, sulla maglia fece scrivere soltanto Jordi, perché quel cognome impresso sulle spalle avrebbe significato giocare con una pesantissima zavorra.

Ancora oggi la nazionale dei figli d’arte, un trionfo della genetica di Mendel, non smette di sfornare talenti: è il caso della famiglia Maldini, che dopo Cesare e Paolo – due icone del mondo rossonero e della nazionale – ha sfornato il ‘prodotto’ della terza generazione, Christian, classe 1996 e figlio dell’ex bandiera e oggi dirigente del Milan. Centrale difensivo cresciuto nelle giovanili del club rossonero, Christian è stato acquistato dal Fano, società di Serie C. In questo caso i paragoni sono impietosi, perché alla sua età il papà aveva già in bacheca due Coppe dei Campioni, due Intercontinentali e uno scudetto ma nel calcio mai dire mai perché è uno sport dove contano più i geni delle raccomandazioni.

Lo devono aver pensato anche a casa Conti, altra famiglia ‘calciofila’ arrivata oggi alla terza generazione, che può fregiarsi di un’altra maglia azzurra da esporre in casa. Papà Daniele, ex bandiera del Cagliari, l’ha voluto chiamare come il nonno campione del mondo a Spagna ’82. Il Bruno in questione è uno dei talenti millennial, mancino come il nonno, un tecnica sopra la media e ha già esordito nell’Under 15.

Un cammino generazionale fatto anche dagli spagnoli Alonso: Marcos oggi gioca nel Chelsea, suo nonno vinse 5 Coppe dei Campioni con il mitico Real di Puskas e Di Stefano e suo padre era quell’Alonso che è stato ala di Barcellona e Atletico Madrid.

Se arrivare in prima squadra è la partita più difficile per il calciatore in erba, la trasmissione genetica è una selezione rara e non comune, una scommessa, come ha spiegato Sandro Mazzola, figlio di quel Valentino considerato tra i più grandi calciatori della storia del football italiano: “Quando hai un padre in casa campione, nessuno ti costringe a giocare al calcio ai suoi livelli: se lo vuoi fare è perché sei tu a sceglierlo, perché te lo senti dentro”.