“Inferno per chi ha voluto la Brexit”, bufera su Tusk

Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk e la primo ministro inglese Theresa May. No deal
Il presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk e la primo ministro inglese Theresa May.. (Olivier Hoslet, Pool Photo via AP)

BRUXELLES. – Mutilati da un demone che riapre le loro ferite non appena esse si chiudono, per sottolineare con lo strazio le perenni divisioni provocate nell’umanità, come Dante Alighieri rappresentò i seminatori di discordia nella sua Divina Commedia; o imprigionati in fiammelle e condannati a vagare per l’eternità, come il sommo poeta volle punire i consiglieri fraudolenti.

Difficile per il presidente polacco del Consiglio europeo Donald Tusk immaginare la bolgia in cui precipitare i brexeteer, ma un fatto è certo: il leader europeo ha trovato un posto “all’inferno per quanti hanno promosso la Brexit senza nemmeno avere un piano per portarla a termine in sicurezza”.

La provocazione del presidente del Consiglio europeo, alla vigilia della sesta visita della premier britannica Theresa May a Bruxelles, ha scatenato una bufera di polemiche oltremanica, con Downing street che ha risposto glaciale: “Sta a Donald Tusk valutare se usare questo tipo di linguaggio sia d’aiuto”.

L’eurodeputato Nigel Farage, ex leader degli euroscettici britannici dell’Ukip e alfiere anti-Ue nel referendum del 2016, ha invece reagito affermando che la Brexit “è un paradiso” e libererà la Gran Bretagna “da bulli arroganti e non eletti come Donald Tusk”. Mentre il deputato del Dup Sammy Wilson ha definito il leader europeo un “Euro-maniaco diabolico”.

Per il parlamentare Peter Bone, veterano del Partito conservatore ai Comuni e storico sostenitore della Brexit, quello di Tusk è stato “un insulto assolutamente oltraggioso”, “inaccettabile” per la ministra dei Rapporti con il Parlamento Andrea Leadsom. Del resto il premier irlandese Leo Varadkar, proprio di fianco a Tusk mentre questi parlava, lo aveva avvertito: “Avrai un bel problema sulla stampa britannica…”.

Il presidente della Commissione europea ha provato a stemperare: “Sono meno cattolico del mio amico Tusk. Credo nel paradiso, non ho mai visto l’inferno, salvo da quando lavoro qui. Questo è un inferno”, ha scherzato Juncker.

In questo clima la premier britannica sarà a Bruxelles, nella speranza di poter ottenere un nuovo documento da allegare all’accordo di divorzio, per far passare l’intesa a Westminster. Ma i messaggi che si sono levati dalle istituzioni europee alla vigilia sono stati chiari.

“Non accettiamo l’idea che l’accordo di divorzio” sulla Brexit “possa essere riaperto” e che si torni a negoziare sul backstop. “La premier Theresa May lo sa”, ha avvertito Juncker, aggiungendo: “Nella dichiarazione politica congiunta” sulle relazioni future “ci sono possibilità da esplorare, ma il backstop è una garanzia, non può essere cancellato”.

“La posizione dei 27 è chiara ed è espressa nei documenti concordati col governo britannico. I 27 non fanno alcuna nuova offerta – ha insistito Tusk -. L’intesa non è aperta per un nuovo negoziato. Spero che da May domani ascolteremo una proposta realistica. Noi non lasceremo sola l’Irlanda”.

(di Patrizia Antonini/ANSA)

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