Allarme Istat. Rischi tenuta economia. Industria frena

Operai lavorando in un'industria metalmeccanica. Istat
Operai lavorando in un'industria metalmeccanica.

ROMA. – Non si arresta la sfilza di dati negativi per l’economia italiana. Spiazzando le previsioni, per una volta più ottimistiche, degli analisti, i numeri sulla produzione di dicembre registrati dall’Istat mostrano un’industria ormai in evidente retromarcia. In un solo mese, tra novembre e dicembre, la contrazione è stata dello 0,8%. E se si guarda alla situazione a 12 mesi di distanza, l’arretramento è stato del 2,5% o peggio ancora del 5,5% considerando il confronto a parità di giorni lavorativi.

Una debacle che non si vedeva dal 2012. Il consuntivo del 2018 rimane positivo (+0,8%) grazie, secondo l’Istat, soprattutto all’eredità positiva dell’anno precedente. Ma per il 2019 la stessa eredità si preannuncia un vero e proprio macigno di segno inverso. Non solo per il drammatico andamento del settore automobilistico, crollato di quasi il 6% nel 2018, ma perché nei 4 mesi da settembre a dicembre tutta la produzione industriale italiana è diminuita ininterrottamente.

E un andamento negativo così protratto nel tempo non può che gettare, per un paese manifatturiero come il nostro, una pesante ombra sull’inizio di quest’anno. Tanto da far presagire anche all’Istat, a 24 ore dalle stime dell’Unione europea che vedono l’Italia fanalino di cosa nel vecchio continente, seri rischi per tutta l’economia.

A gennaio l’indicatore anticipatore, ‘spia’ di quel che accadrà, ha “registrato una marcata flessione, prospettando serie difficoltà di tenuta dei livelli di attività economica”. Parole pesanti che poco hanno a che fare con le previsioni di un anno “bellissimo” del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e che i dati più rosei sull’occupazione, con 200 mila occupati in più nel corso del 2018, possono controbilanciare ben poco.

A guardare bene infatti, se il tasso di disoccupazione è sceso al 10,6 per cento, la precarizzazione del lavoro sta prendendo sempre più piede. Nel periodo 2013-2018, l’aumento dell’occupazione è stato trainato sì dalla componente dipendente (+7,3%) ma, segnala l’Istat, sopratutto da coloro che hanno una occupazione a termine, che rappresentano oramai il 13,1% dell’occupazione (contro il 9,9% nel 2013).

Sui mercati è stata quindi l’ennesima giornata di tensione per i titoli di Stato italiani, in difficoltà ormai da oltre una settimana. Lo spread sul Btp decennale italiano ha sfiorato i 300 punti base e il tasso di rendimento è salito oltre il 3%.

Un quadro complessivo davanti al quale Confindustria non nasconde la sua preoccupazione, soprattutto per la “profonda crisi” di quello che gli industriali considerano il dato “più cruciale” dell’economia, la fiducia che porta i consumatori a spendere e le imprese ad investire. In allarme anche i sindacati che parlano di quadro “fosco” e chiedono al governo di aprire un confronto.

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