Tabloid scandalistico ricatta Bezos, l’ombra di Trump

Jeff Bezos con le braccia alzate ed una copia del Washington Post in mano
Jeff Bezos in una foto d'archivio.

WASHINGTON. – “No thank you, Mr.Pecker”. Inizia così il clamoroso ed esplosivo post in cui Jeff Bezos lancia accuse gravissime – ricatto e minacce di estorsione – al gruppo editoriale American Media (Ami), di proprietà di un amico e alleato di lunga data di Donald Trump. Quel David Pecker coinvolto anche nella storia dei soldi dati a due donne, la pornostar Stormy Daniels e l’ex coniglietta Karen McDouglas, per tacere sulla loro presunta relazione col tycoon.

Un duello senza fine oramai quello tra l’uomo più ricco della Terra, proprietario di Amazon e del Washington Post, e l’uomo più potente della Terra, il presidente degli Stati Uniti. Anche se Bezos, più volte attaccato da Trump, esce per la prima volta allo scoperto e, senza neanche troppi giri di parole, avalla la tesi che dietro all’ennesimo caso ci sia proprio l’ombra del tycoon: “E’ inevitabile – scrive – che certe persone potenti che sono sotto la lente del Post pensano che io sia un loro nemico. Il presidente Trump è una di queste persone, come appare ovvio dai suoi tanti tweet”.

Nella sua lunga lettera pubblicata sul blog Medium, Bezos denuncia come il National Enquirer, tabloid scandalistico che fa capo alla Ami, dopo lo scoop del 10 gennaio sulla presunta relazione con l’ex presentatrice televisiva di Fox Laura Sanchez abbia minacciato di pubblicare nuovo materiale molto imbarazzante. Scatti osé, tra cui alcuni selfie di lui nudo, ed sms piccanti scambiati tra i due presunti amanti. Per evitare tutto ciò il boss di Amazon avrebbe dovuto affermare pubblicamente di non avere prove che lo scoop del settimanale fosse motivato politicamente.

Bezos aveva infatti incaricato il suo capo della sicurezza, Gavin de Becker, storico consulente di star e politici, di indagare e capire come il National Enquirer avesse ottenuto il materiale privato contenuto nelle 11 pagine dello scoop: “Procedi, costi quel che costi”, avrebbe affermato il boss di Amazon. Anche perché non gli era affatto andata giù l’essere finito in prima pagina del National Enquirer proprio il giorno dopo l’avvio della pratica di divorzio dalla moglie McKenzie.

Bezos ha quindi pubblicato integralmente le email inviate a de Becker dai responsabili della Ami, quelle da cui emerge il tentativo di ricatto. “Crediamo di aver agito legalmente”, si difende ora l’editore del National Enquirer che, nell’imbarazzo più assoluto provocato dalla mossa di Bezos, promette una indagine interna per capire cosa sia successo. Ma la vicenda rischia di acuire lo scontro con la Casa Bianca, dopo che Trump nei mesi scorsi ha minacciato più volte di cambiare le regole per far pagare di più Amazon e ha attaccato il suo fondatore arrivando a ribattezzarlo ‘Jeff Bozo’, come il noto clown Bozo. Chiamando il Washington Post ‘Amazon Post’.

Intanto proprio il Washington Post fa sapere che Amazon potrebbe rinunciare a realizzare il suo quartier generale sulla costa orientale a New York. Dopo una lunga ricerca era stata individuata Long Island City, nel Queens, su cui il colosso del commercio online era pronto ad investire una ingente somma creando anche un discreto numero di posti di lavoro. Tanto che il progetto era stato salutato con entusiasmo sia dal sindaco Bill de Blasio sia dal governatore dello stato Andrew Cuomo. Ma le feroci polemiche e la dura opposizione a livello locale, guidata dalla ‘pasionaria’ dei progressisti Alexandra Ocasio-Cortez, avrebbe convinto Bezos a rinunciare e a trovare un’altra soluzione. Intanto Amazon è arrivata a perdere in Borsa quasi il 3%.

(di Ugo Caltagirone/ANSA)