Putin ora vuole un internet sovrano, rischio censura

Sugli schermi i primi risultati delle elezioni russe alla Duma. Putin
Sugli schermi i primi risultati delle elezioni russe alla Duma. EPA/SERGEI CHIRIKOV

MOSCA. – Sovranismo tecnologico o (ennesimo) giro di vite contro il web, ultima riserva naturale del dissenso russo? Il dibattito è aperto. La camera bassa del Parlamento, la Duma, ha infatti approvato in prima lettura una bozza di legge per consentire alle autorità di “assumere il controllo” dei punti di connessione che collegano la Russia alla rete internet mondiale. E renderla dunque “indipendente” da attacchi esterni.

Che il provvedimento sia controverso lo testimonia però l’inusuale fronda alla Duma. Il primo firmatario della legge è il senatore Andrey Klishas e l’unico partito ad aver sostenuto la misura è Russia Unita, cinghia di trasmissione del Cremlino in Parlamento. Le altre forze politiche si sono opposte. La ragione ufficiale dell’intervento è la risposta “all’aggressiva strategia nazionale per la sicurezza informatica adottata dagli Stati Uniti nel settembre 2018”, ha affermato la nota esplicativa.

Ma il ddl approvato, se approvato in toto, sottolinea la testata indipendente Meduza, “richiederebbe a tutti i servizi online che operano in Russia d’installare attrezzature specializzate che consentano di bloccare siti web vietati dal governo russo con maggiore efficienza”. Dunque una stretta alla censura. I dati, d’altra parte, non sono confortanti.

Il gruppo per i diritti umani Agora ha infatti recentemente pubblicato il suo rapporto annuale sul livello di libertà nel web e, stando alle analisi, l’anno scorso i tribunali russi hanno vietato l’accesso ad oltre 161 mila pagine internet mentre è stato chiuso l’accesso, senza una decisione del tribunale, ad altre 488 mila pagine – ad esempio come parte del tentativo di bloccare Telegram. Un netto aumento.

I legali di Agora ritengono che nel 2018 c’è stata una “svolta nelle politiche su internet” e ora le autorità hanno “l’opportunità di limitare la diffusione delle informazioni”. Insomma, la Russia sta prendendo lezioni dalla Cina?

Leonid Levin, presidente della commissione sull’Informazione e l’Informatica della Duma, sul punto si è subito affrettato a confutare ogni analogia. “È sbagliato paragonare la Russia alla Cina”, ha detto Levin in aula. “La Cina ha un numero limitato di snodi di traffico in entrata mentre la Russia ne ha molti, nessuno limiterà il loro numero: l’idea è che tutti dovrebbero essere individuati e certificati”.

L’altro tasto dolente, il vero motivo per cui da qui all’approvazione finale ancora ce ne corre, sono i costi. Il consiglio di esperti nominato dal governo ha indicato che ‘l’indipendenza’ dell’internet russa dal resto della rete potrebbe costare 25 miliardi di rubli (oltre 378 milioni di dollari) subito e altri 134 miliardi di rubli (oltre 2 miliardi di dollari) all’anno per compensare i costi di esercizio dei fornitori di servizi. E nel disegno di legge di queste coperture, per ora, non v’è traccia. Ma se Putin deciderà di procedere comunque, nonostante i dubbi e le critiche, vi sono pochi dubbi sul fatto che i quattrini verranno trovati.

(di Mattia Bernardo Bagnoli/ANSA)

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