L’Italia abbandona l’ambiguità, trionfa la linea europea

Aula del Senato

L’Italia abbandona l’ambiguità e si schiera con il resto dell’Europa che non solo esige che in Venezuela si realizzino elezioni presidenziali trasparenti, democratiche e libere, ma chiede anche che si organizzino quanto prima. Una richiesta che il presidente Maduro non è disposto a soddisfare. E lo ha detto a chiare lettere.

In parlamento, così, ha vinto la linea della Lega; quella espressa dal vicepremier Matteo Salvini che, fin dal primo momento, si era schierato contro Maduro, atteggiamento ribadito con la decisione di incontrare la delegazione inviata dal presidente “ad interim”, Juan Guaidó. Sconfitta, invece, la tesi della “non ingerenza negli affari interni di altri Paesi” sposata dal Movimento 5 Stelle ed esposta dal vicepremier Di Maio e dal pentastellato Di Battista.

Certamente ha contribuito alla decisione del Parlamento il severo monito del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Questi ha esortato i partiti a seguire una politica diplomatica coerente, sul solco di quella dettata dall’Unione Europea. Roma, con la sua ambiguità, rischiava l’isolamento dall’Europa e, più in generale, dal consesso delle nazioni democratiche.

La vicenda italiana, riguardo alla questione venezuelana, è stata vissuta con rabbia e amarezza dalla nostra comunità residente nel Paese, con delusione dai tanti italo-venezuelani che vivono nel Belpaese e con confusione dai tanti venezuelani e italo-venezuelani che, scelta la via dell’emigrazione e dell’esilio, sono approdati in Spagna. Ma tutti hanno applaudito, poi, la decisione di riconoscere Guaidò come presidente “ad interim”; decisione confermata dal sottosegretario Guglielmo Picchi con un tweet
In Spagna risiedono circa 255mila cittadini provenienti dal Venezuela. Di questi, 90mila sono venezuelani; il resto, ha sia il passaporto venezuelano sia quello dell’Unione Europea. Vale a dire, soprattutto di Spagna, Italia, Portogallo, una comunità che, dal 2015 ad oggi, è cresciuta in maniera quasi esponenziale.

Come ha spiegato la dottoressa Katrien Dekocker, coautrice della ricerca “El éxodo venezolano: entre la emigración y el exilio” pubblicato dall’Observatorio Iberoamericano sobre Movilidad Humana, Migraciones y Desarrollo (OBIMID) e coordinato da José Koechlin e Joaquín Eguren, dal 1998 al 2015, la comunità venezuelana in Spagna è rimasta pressoché “invisibile”. Era costituita da meno di 50mila persone, in gran parte con una formazione professionale di alto profilo e “con una strategia migratoria ben precisa: mantenere intatto il tenore di vita che aveva in Venezuela”.

Dal 2015 a oggi, ha detto la Dekocker, nel corso della presentazione dell’opera presso l’“Universidad Pontificia Comilla”, la comunità venezuelana è cresciuta e si trasforma. Preoccupa la realtà dei tanti, davvero tanti,  giovani senza formazione universitaria che decidono di solcare l’oceano. In Spagna lavorano in un ambiente non ostile, ma comunque difficile. Lo fanno non solo per necessità propria ma anche per inviare a casa le rimesse e permettere alle famiglie di sopravvivere in Venezuela. E’ una realtà che non appartiene solo alla Spagna.

Intanto, mentre le comunità venezuelane all’estero si organizzano e fanno lobby, in Venezuela il confronto Maduro-Guaidò assume toni sempre più esasperati. Il presidente Maduro, la cui rielezione non è stata riconosciuta da gran parte della comunità internazionale, e il presidente Guaidó, designato dal Parlamento rispettando i precetti costituzionali, si affrontano non più in semplici scaramucce. Il presidente Maduro, come già fatto in passato, cita il nemico esterno e invoca lo spettro di una improbabile invasione militare. Dal canto suo, il presidente Guaidò tira dritto e annuncia che l’ingresso al Paese degli aiuti umanitari avverrà il 27 del presente mese.

Sul fronte degli aiuti – leggasi alimenti e medicine -, Maduro e Guaidó pare si giochino il loro futuro e la loro attendibilità . Il primo, forte del sostegno delle Forze Armate; l’altro, sicuro del consenso popolare. L’opposizione, in questi giorni, si è resa protagonista di cortei imponenti come non si vedevano dal lontano 2002, quando l’industria petrolifera fu bloccata da uno sciopero ad oltranza che si concluse con un “golpe” durato poche ore. Le condizioni oggettive dal 2002 ad oggi sono assai cambiate. Oggi, a differenza di ieri, da un lato c’è un presidente della Repubblica la cui popolarità è ai minimi storici e al quale si addebita la responsabilità della crisi economica – in gran parte, è giusto riconoscerlo, ereditata dal governo del presidente Chávez – e dall’altro c’è una Opposizione che ha ritrovato coesione attorno alla figura del giovane Guaidó. Un braccio di ferro dai risultati imprevedibili.

Se il presidente Maduro sperava in un intervento del Papa Francesco, questo, se sono vere le indiscrezioni del “Corriere della Sera”, non avverrà. Il Papa, in una missiva, il cui contenuto è stato fatto filtrare, avrebbe avuto parole dure nei confronti del capo dello Stato. Papa Bergoglio rimprovererebbe al presidente Maduro non aver colto l’occasione offerta dalla mediazione del Vaticano, quando si era ancora in tempo per evitare l’odierna situazione. Il Papa, comunque, ha teso una volta ancora la mano al governo del presidente Maduro. Ma, in questa occasione, senza convinzione e con molta reticenza. Come scrive il Corriere della Sera, “una mano generosa ma guardinga”.

Mauro Bafile