Alitalia, Tria: “Deve convenire allo Stato e rispettare le norme Ue”

ROMA. – Il Tesoro è pronto ad entrare in Alitalia, ma prima ancora di parlare della quota, ci sono da rispettare due “forti condizioni”. Dopo i numeri annunciati dal vicepremier Luigi Di Maio, che ha indicato il Tesoro oltre il 15%, il ministro dell’economia Giovanni Tria frena sulle cifre e avverte che prima di tutto vanno soddisfatti due requisiti: che la “nuova compagnia possa stare sul mercato con regole di mercato” e che tutto “avvenga secondo le regole europee”.

“Non sono state fatte cifre. Quindi se parliamo di 15%, non sappiamo neppure il 15% di cosa”, chiarisce da Malta il ministro che già ad ottobre si è trovato a dover gelare gli entusiasmi del vicepremier grillino, sempre su Alitalia e sempre intervenendo dall’estero (“Io penso che delle cose che fa il Tesoro debba parlarne il ministro dell’Economia. Io non ne ho parlato”, aveva replicato allora da Bali all’annuncio di Di Maio sul ritorno dello Stato nella compagnia).

Ma Tria avverte anche che, con l’arrivo di due partner stranieri – Fs ha avviato la trattativa con Delta ed EasyJet per mettere a punto il piano industriale per il rilancio di Alitalia – c’è l’esigenza di contemperare le convenienze: “Ovviamente le compagnie straniere debbono tentare un piano industriale che preveda la loro convenienza ma anche la nostra”.

Ma sono molti i nodi che le Fs dovranno sciogliere in questo mese e mezzo di lavoro sul piano (atteso entro il 31 marzo) insieme ai partner industriali: dalla partecipazione azionaria (le due aviolinee dovrebbero avere complessivamente il 40%, mentre Fs insieme al Mef potrebbe andare oltre il 50%) al tema caldo degli esuberi (il piano di Delta ne prevedrebbe 2-3 mila, ma Di Maio ha assicurato che la presenza dello Stato è garanzia per il mantenimento dell’occupazione), dalla governance alle strategie industriali.

Secondo indiscrezioni di stampa ci sarebbe anche l’ipotesi di due newco distinte, ma Tria non conferma: “Questa cosa non la conosco affatto. Sono uscito presto stamattina e non ho letto queste notizie che sui giornali. Non ne ho mai sentito parlare”.

Intanto le prime indicazioni illustrate da Di Maio ai sindacati accendono il dibattito. Se la Lega ovviamente plaude al progetto (va nella direzione “giusta”, nell’interesse dell’Italia), l’ex ministro dell’economia Padoan considera “molto discutibile dal punto di vista dell’economia industriale” l’ingresso del Mef nel capitale, mentre l’ex titolare del Mise Calenda parla di “finta nazionalizzazione, un accrocchio incredibile” e pronostica “un disastro”. Cauta la leader della Cisl Annamaria Furlan che aspetta di vedere le carte, per capire se ci saranno garanzie per i lavoratori.

(di Enrica Piovan/ANSA)

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