23 F., tra la speranza della rinascita e l’agonia di un governo

Gli occhi del mondo sono puntati sul Venezuela. Non è più lo scontro tra Governo e Opposizione. In Venezuela si confrontano due realtà e due modi diversi di affrontare le sfide del nuovo secolo. La democrazia occidentale, con la sua cultura liberale e progressista, e la democrazia “illiberale”, con la sua vocazione dispotica e autoritaria.

Il conflitto, fino a ieri circoscritto al nostro orticello, è diventato internazionale. In campo, non vi sono unicamente il Governo del presidente Maduro, che ha le sue origini nel fortunatamente fallito colpo di Stato del 1992, e l’Opposizione, la cui genesi va ricercata nello spirito democratico che mosse all’insurrezione del 1958 contro il dittatore Pérez Jiménez. Vi sono anche gli Stati Uniti, la Russia, la Cina e l’Unione Europea.

Il 23 Febbraio, rappresenta oggi per l’arcipelago di partiti e movimenti che costituiscono la galassia dell’Opposizione, una data emblematica. E’ la rinascita della speranza ma, inutile creare false aspettative, non la fine di un governo populista che nasconde il proprio fallimento dietro una retorica nazionalistica e bellicista.

L’Opposizione ha ritrovato la sua coesione attorno alla figura di Juan Guaidó, designato presidente dal Parlamento con l’incarico di traghettare il paese verso elezioni trasparenti, libere e democratiche. Lo sostengono le democrazie occidentali che, dopo aver donato alimenti e medicine, già hanno promesso aiuti per la ricostruzione del Paese.

Impossibile fare pronostici su quanto accadrà durante questo fine settimana. Di certo c’è solo che la carovana con gli aiuti umanitari, come annunciato, cercherà di oltrepassare la frontiera. Quale sarà la reazione delle Forze Armate? E’ evidente che l’Opposizione scommette sul loro buon senso e spera che alla fine prevalgano gli interessi della società. Comunque vada, sarà il governo il grande sconfitto.

La popolarità del presidente Maduro, dopo vent’anni di promesse incompiute del “chavismo”, è ai minimi storici. Lo sostengono le Forze Armate e, soprattutto, i “colectivos”, le bande di motociclisti armati che impongono la loro legge nei quartieri più poveri e seminano il terrore in quelli di classe media. Agiscono indisturbati, il governo ha tollerato e tollera i loro abusi.

Stiamo assistendo all’agonia di una falsa “rivoluzione” che persevera negli errori e si rifiuta di accettare la realtà; che ha fatto irruzione nella politica impegnandosi ad abbattere la corruzione per poi creare a sua volta un sistema clientelare e corrotto attraverso il quale arricchirsi; che ha promesso benessere ma che è stata solo capace di estendere la sacca di povertà.

Sono vari i possibili scenari che potrebbero caratterizzare i prossimi mesi. Purtroppo il più probabile, alla luce della realtà attuale, è quello del caos; di un paese diviso tra un presidente incapace di governare, nonostante il sostegno delle Forze Armate, e un presidente in grado di farlo ma privo di potere reale, nonostante il sostegno della stragrande maggioranza della popolazione.

Il timore è che, come accadde nell’Argentina del Generale Gualtieri, il governo tenti di giocare la carta del sentimento nazionalistico con l’illusione di tornare ad avere il consenso popolare. Insomma, di scommettere su un conflitto bellico con la Colombia, circoscritto alla frontiera, che distragga dai grandi problemi nazionali. Le Malvinas furono l’ultimo disperato tentativo della dittatura militare argentina per mantenersi nel potere. Il “Puente de las Tienditas” lo sarà del presidente Maduro.

Mauro Bafile