Mafia: la politica “a disposizione” dei boss, venticinque arresti

Ammanettato e arrestato dai Carabinieri. 'Ndrangheta
Ammanettato e arrestato dai Carabinieri.

PALERMO. – “Mi sto giocando tutte le carte per questi politici”, confidava a un amico Pietro Virga esponente di una famiglia mafiosa trapanese tra le più celebrate. La ragione di questo impegno era subito spiegata: “Dobbiamo raccogliere voti… Tu lo sai che se le cose vanno bene a me vanno bene a tutti. Mi pare che è stato sempre così qua”.

La mafia offriva voti, i politici ricambiavano pagando oppure sostenendo gli affari dei boss. Un’inchiesta della Dda di Palermo ha messo a nudo questo sistema e ora è culminata con l’arresto di 25 persone tra cui due personaggi politici di una certa caratura. Uno è l’ex deputato regionale Paolo Ruggirello, accusato di essere “a disposizione” di Cosa nostra e dunque di associazione mafiosa, che dal centro destra era approdato al Pd da cui si era poi allontanato quasi due anni fa.

L’altro politico impigliato nel sistema del voto di scambio è Ivana Inferrera dell’Udc, già assessore comunale a Trapani. Per loro le cosche trapanesi, legate a Matteo Messina Denaro, si erano spese in almeno due occasioni elettorali: alle regionali del 2017 alle quali erano entrambi candidati ma in liste diverse e alle politiche del 2018 alle quali Ruggirello si era presentato per il Senato senza essere però eletto né in un caso né nell’altro. Non c’è da stupirsi se nella scelta i boss non facessero, come dice il procuratore Francesco Lo Voi, alcuna “differenza ideologica”.

Ben altre erano le motivazioni che li spingevano a sostenere alcuni candidati, e Virga lo spiegava bene al suo interlocutore mettendo a fuoco l’interesse individuale e collettivo del gruppo criminale. Con il fratello Pietro (il padre Vincenzo sta scontando l’ergastolo), Francesco Virga aveva trovato nella politica i referenti in grado di dare forza ai suoi affari.

Ruggirello, in particolare, è emerso come un “ponte tra la mafia e le istituzioni”, ha precisato il procuratore Lo Voi. E di tutto si occupava: dagli appalti alle forniture di mobili all’Assemblea regionale siciliana, alle promesse di posti di lavoro, alle vicende private. Ma era pronto anche a pagare per acquistare pacchetti di voti. Purtroppo senza successo. Alle regionali del 2017, per esempio, chiese in ritardo l’appoggio di Virga. Lo aveva bruciato sul tempo Ivana Inferrera, che aveva dato subito un acconto. E alla fine, nella distribuzione dei consensi, proprio lui era stato penalizzato.

“Il suo pacco mi è rimasto sano”, confidava Pietro Cusenza a Pietro Virga. Il pacco dei suoi volantini elettorali non era stato neppure aperto e, a urne chiuse, era finito nella spazzatura. L’inchiesta “Scrigno” (nome di due negozi di Virga) ha ricomposto attraverso intercettazioni e indagini mirate un quadro di relazioni molto fitto tra la mafia e la politica che trovavano un interessato punto di incontro negli appuntamenti elettorali.

C’era la mano dei boss anche nelle elezioni locali come dimostra il caso di Vito Mammina e della figlia Simona, eletti nel 2016 lui a Trapani e la ragazza a Erice. Simona Mannina era così felice per il risultato da recarsi ad abbracciare calorosamente il suo sponsor, Pietro Cusenza. Malgrado l’insuccesso delle regionali, Ruggirello aveva tentato una carta per le politiche. Il sistema era quello consolidato, la rete dei rapporti si era allargata. Ora arrivava a Marsala e a Mazara del Vallo. Sulla scena erano apparsi nuovi soggetti, nuovi capi come Francesco Orlando, Carmelo Salerno e Salvatore Crimi. Ma anche nuove formazioni che hanno trasformato il sistema politico. Malgrado il sostegno di Cosa nostra, nel 2018 Ruggirello arrivò terzo. Era il segno premonitore della burrasca in arrivo.

(di Franco Nicastro/ANSA)

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