8 marzo, Cnel: “Le donne più disoccupate e guadagnano meno”

Donne lavorando di fronte a un computer. Occupazione
Donne lavorando di fronte a un computer. (Photo by Oli Scarff/Getty Images)

ROMA. – In Italia la condizione della donna nel mercato del lavoro continua a non soddisfare i requisiti delle pari opportunità: secondo gli ultimi dati Istat, le lavoratrici italiane guadagnano in media il 71,7% del salario degli uomini. Non solo, “la condizione della donna lavoratrice è pure penalizzata dalla rigidità dell’organizzazione del lavoro e dalla inadeguatezza del welfare aziendale: dati Ocse 2016 imputano l’adozione di adeguati livelli di flessibilità e di servizi di welfare (asili nido aziendali e servizi sociali di assistenza, ricreativi e di sostegno) solo al 66% dei datori di lavoro italiani, posizionando l’Italia di 2 punti percentuali al di sotto della media mondiale, con oltre 15 punti di scarto rispetto ai paesi scandinavi”.

Sono i numeri diffusi dal Cnel nel corso del seminario ‘L’uguaglianza non ha genere’. È soprattutto la difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro a portare al 48,5% la quota dell’occupazione femminile italiana (tra i 15 e i 64 anni), ben al di sotto della media UE del 60,4%: una sperequazione che risulta ancor più evidente se si considera che sono le lavoratrici-madri a caratterizzare per il 54,3% la disoccupazione femminile e che la quota di donne madri indotte ad abbandonato il lavoro per prendersi cura dei figli è pari al 27%, di gran lunga superiore alla quota degli uomini nella stessa condizione, pari allo 0,5%.

Al ridotto tasso di occupazione femminile, continua il Cnel, si aggiunge il dato della minore durata media della vita lavorativa delle donne (24,5 anni contro i 39,6 degli uomini, con uno scarto del 38%, tra i più alti in Europa), con conseguenti distorsioni di genere, ad esempio nel differenziale medio fra le pensioni percepite dalle donne rispetto a quelle degli uomini (pari al 33%), nelle prestazioni assicurative di natura sostitutiva della retribuzione (ad esempio Inail in caso di malattia), nella disciplina del riscatto dei periodi contributivi facenti riferimento alla durata della vita media, superiore nella donna.

Il Cnel ricorda poi che nel periodo 2010-2015 l’imprenditoria femminile è cresciuta in Italia di 35mila unità, rappresentando il 65% dell’incremento complessivo del tessuto imprenditoriale nazionale: ad oggi conta 1 milione e 312 mila imprese femminili. E si tratta, in genere, di realtà lavorative più dinamiche, digitali, giovani, multiculturali, che danno lavoro a circa 3 milioni di persone. Tuttavia questi dati costituiscono appena il 27% del totale. Con un’alta “mortalità” delle micro imprese femminili registrata in concomitanza della nascita di figli e in ragione di necessità di accudimento di anziani.

Di qui le proposte del Cnel: avviare una politica concreta di pari opportunità, modificare gli stereotipi culturali, ripristinare orme di sgravio fiscale e incentivi di carattere strutturale a sostegno dell’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, ma anche ridisegnare con approccio nuovo un sistema moderno di servizi per la famiglia. Il Cnel infine ritiene grave il “vuoto” registrato dalla legge di bilancio 2019 e chiede venga reintrodotto il fondo d’indennizzo previsto a copertura del congedo per le donne vittime di violenza di genere.

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