Visco: “L’economia corre rischi. Ora vera riforma del fisco”

Presidente di Bankitalia, Visco.
Il Presidente di Bankitalia, Ignazio Visco.

ROMA. – L’economia italiana corre oggi “rischi concreti”. Ad appena 24 ore di distanza dalla presa di posizione della Bce è ora il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, a lanciare ancora una volta l’allarme. A preoccupare è l’assenza di crescita, l’arretratezza competitiva del Paese, ma anche la tenuta dei conti pubblici tanto che, di fronte al rallentamento del Pil ormai sotto gli occhi di tutti, c’è da chiedersi se la politica economica sia stata finora sufficientemente “prudente”.

Forse avrebbe potuto esserlo di più, ha sottolineato Visco di fronte alla platea di molti ‘ex’ e di qualche nuovo volto riunita alla Camera per la presentazione dell’ultimo libro di Pier Carlo Padoan. I margini di manovra, “stretti” come li ha sempre definiti l’ex ministro dell’Economia, sono stati sostanzialmente ben utilizzati ma, ha spiegato il governatore, anziché optare per il renziano bonus da 80 euro o per l’abbattimento delle tasse su alcune categorie sotto una certa soglia di reddito (l’attuale flat tax), sarebbe stato e sarebbe decisamente ora il momento di varare una riforma strutturale del fisco.

L’ultima, ha ricordato il numero uno di Via Nazionale, risale a 40 anni fa ed è adesso giunto il momento di passare ad una vera nuova impostazione della tassazione. Dai dati statistici qualche segnale di risveglio è in realtà arrivato dalla produzione industriale, che a gennaio ha registrato un rimbalzo dell’1,7%. L’aumento è in linea con la congiuntura europea che nel primo mese dell’anno ha vissuto un guizzo superiore alle attese anche in Francia e Spagna e che sarà probabilmente confermato lunedì anche dai dati in arrivo dalla Germania.

Lo scatto in avanti non sembra però sufficiente a ribaltare il trend negativo degli ultimi mesi e a segnare una effettiva inversione di tendenza. Ad incidere sembrano essere stati infatti più motivi contingenti – le temperature fredde di inizio anno che hanno spinto il comparto energetico – che la ripresa della manifattura o di settori trainanti come l’automotive, ancora in profondo rosso. Nonostante l’exploit sembra presto insomma per cantare vittoria e per sperare nell’uscita a breve dalla recessione degli ultimi trimestri.

L’esecutivo è fermo ad una previsione di crescita che appare ormai irraggiungibile dell’1% quest’anno e per vedere i nuovi numeri bisognerà attendere il Def di aprile, anche se la prospettiva di una crisi di governo pesa ora come un macigno anche sui prossimi passi di finanza pubblica. Non a caso, c’è già chi ipotizza che il Documento di economia e finanza, da approvare entro il 10 aprile, possa assumere una veste ‘leggera’ se non addirittura, come fa Renato Brunetta, totalmente priva del quadro programmatico.

Un precedente, per quanto anomalo, esiste e risale ad appena un anno fa, quando il governo Gentiloni decise di compilare solo il quadro macroeconomico tendenziale a legislazione vigente per lasciare ai vincitori delle elezioni del 4 marzo la possibilità di delineare un effettivo nuovo programma economico di governo. In questo caso, al netto della crisi di governo, si tratterebbe invece, secondo indiscrezioni, di un quadro volutamente privo di indicazioni sulle grandi incognite del 2019 e del 2020, dal piano di privatizzazioni da 18 miliardi ancora in alto mare al disinnesco dell’Iva.

(di Mila Onder/ANSA)

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