Via della Seta divide M5S e Lega, ma Conte pronto alla firma

Il premier Giuseppe Conte, ai suoi lati i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Governo
Il premier Giuseppe Conte, ai suoi lati i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini.

ROMA. – Divisi anche sulla leggendaria “Silk Road” e su una svolta nei rapporti tra Italia e Cina che preoccupa anche gli Usa. E’ scontro tra M5S e Lega sulla Belt and Road Iniatiative (Bri), la Nuova Via della Seta che da fine marzo potrebbe vedere la formale adesione dell’Italia. Il 22, in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia, il governo potrebbe firmare il Memorandum d’Intesa sulla Bri nonostante, in queste ore, dalla Lega emerga più di un dubbio.

E non è solo l’aspetto della sicurezza informatica a preoccupare Matteo Salvini che, da Milano, avverte: “Se si tratta di colonizzare l’Italia e le sue imprese da parte di potenze straniere, allora no” all’intesa. Già domenica sia il vicepremier sia Giancarlo Giorgetti avevano espresso le loro perplessità sulla tenuta della difesa degli interessi nazionali, a cominciare da quelli della cibernetica. E oggi lo scontro con il M5S emerge in tutta la sua forza “elettorale”.

“Sorprende la spaccatura della Lega sulla via della seta”, sottolineano dal Movimento ricordando come tra i primi promotori dell’adesione alla Bri ci sia proprio Michele Geraci, sottosegretario al Mise propria in quota Lega. E il M5S, sulla scia del restyling messo in campo per le Europee, rimarca la sua vicinanza al mondo produttivo. “Questa frattura interna fa male alle nostre imprese e al Made in Italy. Stiamo lavorando perché le imprese ci chiedono uno sforzo per portare l’Italia nel mercato cinese e non subirlo”, sottolinea il Movimento.

In serata, tuttavia, è Conte – che da qualche giorno ha aumentato il suo raggio d’azione, a partire dal tema dello sblocca cantieri – a cercare di mettere un punto alla diatriba. Il Memorandum non costituisce un accordo internazionale e “può rappresentare un’opportunità per l’Italia e per la Ue e l’occasione per introdurre i nostri criteri e standard di sostenibilità finanziaria, economica e ambientale”, spiegano fonti di Palazzo Chigi rimarcando due concetti.

Il primo è una replica indiretta ai timori di Donald Trump: l’intesa è meramente economica e commerciale non “ridisegna il quadro dei rapporti politici e la collocazione euro atlantica del nostro Paese”. Il secondo concetto sembra invece essere diretto proprio alla Lega: “poniamo massima attenzione alla difesa dei nostri interessi nazionali, alla protezione delle infrastrutture strategiche, incluse quelle delle telecomunicazioni, e quindi alla sicurezza cibernetica”, sottolineano la presidenza del Consiglio convinte come la Bri contribuisca ad avvicinare Pechino agli standard di sostenibilità finanziaria ed ambientale europei.

L’Italia, insomma, si appresta ad essere il primo Paese del G7 ad aderire ad una iniziativa che potrebbe aprire ulteriormente, dal punto di vista commerciale, il Belpaese ai colossi economici cinesi. Con particolare attenzione al settore marittimo e ai porti di Genova e Trieste dove le imprese cinesi sono già da tempo impegnate ad ultimare accordi con gli interlocutori italiani.

Ma, salvo poche eccezioni (Grecia e Portogallo) la nuova Via della Seta continua a non convincere i Paesi Ue. Iniziativa che si innesca, inoltre, nella grande guerra tra Usa e Cina sui dazi e sul caso 5G-Huawei sul quale, domani, Conte riferirà al Copasir. Ma, sulla Via della Seta il premier può contare anche sulla sponda silente del Quirinale: nel febbraio 2017 fu proprio il presidente Mattarella, durante la sua missione a Pechino, a invitare la Cina ad investire in Italia, sull’onda dell’allora embrionale “nuova via della Seta”.

(di Michele Esposito/ANSA)

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