Mafie si radicano in Veneto, 33 arresti per ‘ndrangheta

Carabinieri, militare auto pattuglia pantera nucleo radiomobile. Figlio
Carabinieri, militare auto pattuglia pantera del nucleo radiomobile

VENEZIA. – Le mafie si muovono alla conquista del Veneto. I gruppi criminali organizzati, dalla camorra alla ‘ndrangheta, sono ormai un sistema innervato nel territorio della regione, che in meno di un mese ha visto blitz a ripetizione con circa 100 arresti. Con i 33 arresti e il sequestro di beni per 20 milioni di euro a personaggi collegati alla ‘ndrangheta il dato viene sottolineato dal Procuratore della Dda di Venezia, Bruno Cherchi, secondo il quale, però, “il tessuto amministrativo e imprenditoriale del Veneto e la struttura sociale sono in grado di contrastare questo fenomeno”.

Il blitz è scattato stamane all’alba, quando Carabinieri e uomini della Guardia di finanza sono andati a prelevare, su ordinanza del Gip Gilberto Stigliano, gli indagati finiti nella rete della Distrettuale anti-mafia di Venezia, con l’inchiesta ‘Camaleonte’, coordinata dalla Pm Paola Tonini.

Uomini che hanno costruito un autonomo clan in Veneto, partendo da Padova, con estensioni nelle province vicine ma anche in regioni limitrofe, come l’Emilia Romagna e la Lombardia. Tutti ‘figli’ della ‘ndrina “Grande Acri” di Cutro (Crotone), che in Calabria ha tra i suoi boss di spicco Nicolino Grande Aracri, detto ‘Il professore’ o ‘Mano di gomma’.

Le ipotesi d’accusa sono pesanti: i principali reati contestati sono l’associazione per delinquere di stampo mafioso, l’estorsione, la violenza, l’usura, il sequestro di persona, il riciclaggio, l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tredici le persone finite agli arresti, 14 quelle ai domiciliari. Altre sei hanno l’obbligo di firma, mentre per altri sei è scattato l’obbligo di non esercitare impresa per 12 mesi.

La ‘ndrangheta, così come accaduto per i gruppi legati alla Camorra scoperti a febbraio, è sbarcata da tempo in Veneto: prima riciclando denaro attraverso la droga e la prostituzione; poi con lo strozzinaggio. Gli ‘ndranghetisti – ha ricostruito Cherchi – si presentavano ai piccoli imprenditori come semplici operai, per poi guadagnare posti di maggior rilievo quando, alla prima difficoltà economica dell’azienda, cominciavano a prestare denaro ai loro datori di lavoro (a tassi usurai fino al 300%).

Di fronte all’impossibilità di rispettare le scadenze del debito l’imprenditore ‘adescato’ veniva minacciato, picchiato fino a che non cedeva l’azienda, o staccava false fatture per riciclare denaro, creando fondi neri che consentivano agli ‘ndranghetisti di lanciarsi in nuovi ‘investimenti’ da trasformare in usura. Le imprese controllate, con le false fatturazioni e l’evasione fiscale, hanno provocato un danno, in termini di concorrenza alle imprese sane, stimato in 8 mln di euro.

“Che si tratti di criminalità organizzata o no, questi figuri devono capire che il Veneto è terra di onestà e di legalità ha detto il Governatore Luca Zaia -, che non sopporta i delinquenti e che è supportata da inquirenti e forze dell’ordine tenaci, preparati, duri quanto serve. Pane duro da masticare per il crimine, che lo sarà ogni giorno di più”.

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