Londra al voto alle Europee? Un guaio per l’Ue

Sono scesi in piazza a Londra centinaia di migliaia di manifestanti per chiedere che sia sottoposto a referendum popolare l'accordo finale che la premier Theresa May
Sono scesi in piazza a Londra centinaia di migliaia di manifestanti per chiedere che sia sottoposto a referendum popolare l'accordo finale che la premier Theresa May. (Rainews)

STRASBURGO. – Come in un nodo di Gordio, anche nella Brexit sciogliere un groviglio da una parte genera un attorcigliamento anche peggiore dall’altra: e uno dei prossimi che creeranno grattacapi al di qua e al di là della Manica potrebbe essere quello di come gestire le elezioni europee in caso di una proroga dell’uscita del Regno Unito oltre il voto di maggio. Problema “superabile”, secondo l’avvocato generale della Corte di giustizia europea, ma sicuramente intricato e fonte di preoccupazione tra Bruxelles e Strasburgo.

La posizione delle istituzioni Ue è che se sarà chiesta e concessa un’eventuale dilazione che facesse scavallare la Brexit oltre il voto di maggio, Londra sarebbe tenuta a organizzare le elezioni e a far tornare a Strasburgo il suo drappello di 73 parlamentari. Ma è su quando dovrebbe scattare questo obbligo che ci sono opinioni giuridiche contrastanti: per alcuni la tagliola cadrebbe già il 23 maggio, quando in alcuni Paesi d’Europa si apriranno le urne (in Italia il 26). Se fosse questa la posizione a prevalere, anche una proroga breve come quella che vorrebbe la premier britannica Theresa May sarebbe un problema.

Altri ritengono che invece si potrebbe andare avanti fino alla mezzanotte del primo luglio, quando decadranno gli attuali parlamentari e si entrerà nella nuova legislatura. In tal caso, una proroga al 30 giugno come quella di cui si parla a Londra metterebbe tutti al riparo da una serie di ulteriori grane. Se infatti il Regno Unito eleggesse i suoi rappresentanti ma poi andasse comunque avanti con l’uscita si porrebbe il tema di quale status avrebbero questi deputati, chiamati nel frattempo a eleggere le cariche apicali del Parlamento e magari a votare sul bilancio.

Si porrebbe poi il problema di come riempire l’eventuale buco che lascerebbe una loro decadenza anticipata (la soluzione adottata con la Brexit al 29 marzo è stata la redistribuzione dei seggi tra gli altri Paesi. All’Italia ne sono toccati tre). Si entrerebbe insomma in una terra incognita, sottolineano gli addetti ai lavori nei corridoi di Strasburgo. Una situazione inedita, come tutta la Brexit del resto, per la cui gestione non ci sono regole nei trattati.

I membri del gruppo di coordinamento per la Brexit all’Eurocamera sottolineano due cose: la prima, spiega l’eurodeputato del Pd Roberto Gualtieri, è che con una proroga lunga “costituzionalmente c’è un dovere di partecipare alle elezioni da parte del Regno Unito”. La seconda, messa in evidenza dal belga dei Verdi Philippe Lamberts, è che “non è il Parlamento europeo che organizza le elezioni ma gli Stati membri”. Un buon tema di discussione nel già ricco menù del vertice europeo della prossima settimana.

(dell’inviato Salvatore Lussu/ANSA)

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