Asse Trump e Bolsonaro, da adesione Nato a lotta migranti

I presidenti Donald Trump e Jair Bolsonaro.
I presidenti Donald Trump e Jair Bolsonaro.

WASHINGTON. – “Gli Usa e il Brasile non sono mai stati così vicini”: non è una frase di circostanza quella che usa Donald Trump nello studio Ovale ricevendo per la prima volta il presidente del Brasile Jair Bolsonaro, non a caso ribattezzato “il Trump dei tropici”. Le loro strette di mano, i loro sorrisi, le loro dichiarazioni di intenti – tra i ricordi di Pelè e lo scambio di magliette delle rispettive nazionali di calcio – suggellano un’alleanza totale tra i due più potenti leader della nuova ondata sovranista mondiale, spingendo tra le braccia di Washington la prima potenza dell’America latina, che sinora si era sempre sforzata di mantenere l’equidistanza tra le grandi potenze.

“Abbiamo numerosi valori in comune, ammiro il presidente Trump”, gli ha risposto Bolsonaro, profetizzando un nuova vittoria del tycoon nel 2020 e auspicando l’apertura di un nuovo capitolo della cooperazione bilaterale. Trump ha dimostrato subito la sua gratitudine, annunciando il sostegno Usa per l’ingresso del Brasile non solo nell’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) ma anche nella Nato, dove sarebbe il primo Paese sudamericano ad entrare: la mossa a sorpresa sicuramente non piacerà né alla Russia né alla Cina, che stanno investendo molto nell’America Latina, sostenendo tra l’altro il Venezuela di Nicolas Maduro.

Il tycoon si è impegnato eventualmente a designare il Brasile come un “importante alleato non Nato degli Usa”, a conferma che intende rafforzare l’alleanza militare. Ma i due leader progettano di rinsaldare anche i rapporti economici, impegnandosi a ridurre le barriere doganali e ad investimenti reciproci. Già prima di arrivare, Bolsonaro aveva annunciato l’abolizione dei visti per i cittadini degli Stati Uniti (oltre che di Australia, Canada e Giappone) e aveva autorizzato l’uso a pagamento della base di Alcantara per il lancio di satelliti americani.

Alla vigilia della visita alla Casa Bianca, inoltre, il presidente brasiliano, dopo una inusuale capatina alla Cia, aveva rilasciato una intervista alla Fox per sostenere l’agenda del tycoon: dal muro col Messico alla lotta agli immigrati, “la maggior parte dei quali non hanno buone intenzioni. Non vengono in Usa per fare del loro meglio o il bene degli americani”. E aveva avuto come ospite d’onore, ad una cena nella residenza dell’ambasciatore, l’ex stratega della Casa Bianca Steve Bannon, che ora tesse le alleanze transnazionali dei sovranisti.

In effetti i due presidenti hanno “molto in comune”, come ha ammesso Bolsonaro, anche lui eletto a sorpresa sulla scia di un messaggio anti establishment, emulando Trump nella versione “Make Brasil great again”: nemici del multilateralismo, conflittuali con Pechino, contrari all’accordo di Parigi sul clima, grandi utilizzatori di Twitter contro i loro nemici, in guerra perpetua con i media definiti ‘fake news’. E nemici giurati del socialismo, anche se Trump si gioca la carta in chiave elettorale dipingendo i dem come estremisti. I due naturalmente hanno discusso anche del Venezuela, dove appoggiano il leader dell’opposizione Juan Guaidò. Trump ha ribadito che “tutte le opzioni sono sul tavolo” e ha ammonito che “le sanzioni più dure non sono ancora state prese”.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)