Conte: “Nessun rischio con la Cina”. Ma è lite Lega e M5s

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il ministro dei Rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro in Aula alla Camera.
Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte con il ministro dei Rapporti con il parlamento Riccardo Fraccaro in Aula alla Camera. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – L’adesione dell’Italia alla Via della Seta “non presenta rischi” e “non mette in discussione la nostra collocazione euro-atlantica”. Il premier Giuseppe Conte è andato in Parlamento per difendere il memorandum che firmerà sabato a Roma con il presidente cinese Xi Jinping. E per fugare i dubbi dei partner europei e americani, ma anche della sponda leghista della sua maggioranza. Ha parlato di un accordo “pienamente legittimo” e “non vincolante” e dopo il suo intervento è stata approvata la risoluzione comune M5s-Lega per tutelare gli asset strategici del paese.

Ma un vertice a fine serata a Palazzo Chigi ha fatto riemergere tutte le distanze all’interno del governo gialloverde. Fonti del carroccio, conclusa la riunione, hanno assicurato che gli ultimi ostacoli sono stati superati rimodulando gli accordi sui porti e rinviandone altri, alcuni dei quali in materia finanziaria e agricola. E hanno commentato: “non ci sono più gap sulla sicurezza, né preoccupazioni per l’Italia e per gli alleati”. Non è passata neppure un’ora ed arrivata la smentita dei cinque stelle: “E’ una fake news”, dicono, il “Memorandum resta invariato”.

Durante la riunione, ha assicurato il movimento “sono state esaminate sotto il profilo della sicurezza le intese istituzionali e commerciali che saranno sottoscritte in occasione della visita del presidente cinese e non sono emerse criticità nemmeno da parte leghista”. La giornata era iniziata all’insegna delle rassicurazioni di Conte, che aveva anche annunciato il suo viaggio a Pechino il 26 aprile.

L’accordo con la Cina è solo di carattere “economico-commerciale”, aveva precisato Conte, quindi “pienamente legittimo”. E “porterà crescita” per il paese, con “grandi utili” per le nostre aziende di “grande know-how” nei grandi progetti in cantiere. Quanto agli interessi nazionali, non c’è “nessun rischio”: il memorandum “non è vincolante” e “monitoreremo le singole intese”, avendo come priorità la “protezione delle infrastrutture strategiche, anche nel digitale”, aveva assicurato il premier, in risposta ai timori della Lega sull’ingresso dei cinesi negli asset chiave del paese.

Timori che hanno poi portato alla risoluzione approvata in aula per impegnare il governo nella difesa di tali asset e per “mantenere le tradizionali relazioni transatlantiche”. Poi la riunione tecnica a palazzo Chigi, conclusa con nuove polemiche. Ma l’intesa Roma-Pechino è un tema sensibile anche a Bruxelles, in vista del vertice Ue-Cina in programma il 9 aprile. Germania e Francia, tra gli altri, spingono perché l’Europa assuma una posizione unitaria e forte nei confronti di Pechino: fonti dell’Eliseo anzi fanno filtrare “preoccupazione” sulla fuga in avanti di Roma, che ritengono “inopportuna”.

Tra i nodi c’è ad esempio quello dell’accesso paritario al mercato, su cui la Commissione è in prima linea per tutelare il diritto delle imprese Ue a partecipare ai bandi in Cina e dall’altro evitare aiuti di stato per i suoi investimenti in Europa. Per Conte, tuttavia, l’Italia non sta giocando una partita fuori dal campo europeo, anzi: il cammino sulla Via della Seta “è pienamente in linea con la strategia dell’Ue” perché si fonda su “mutuo vantaggio, reciprocità, trasparenza, sostenibilità, tutela della proprietà intellettuale”.

Nella ‘Nuova Via della Seta’ un capitolo importante è poi riservato agli investimenti cinesi nei porti italiani, ma i critici dell’intesa citano l’esempio del Pireo, in Grecia, che è passato sotto il controllo di Pechino. Anche su questo fronte il governo ha dato rassicurazioni: “Abbiamo voluto vedere sotto ogni sfaccettatura il memorandum su Trieste e Genova, non vogliamo essere terreno di conquista”, ha puntualizzato il sottosegretario alle Infrastrutture Edoardo Rixi.

Il mondo delle imprese, in ogni caso, sembra remare verso la Cina. Lo ha fatto intendere il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia: ha spiegato: se “è evidente che il patrimonio infrastrutturale del Paese non possa essere svenduto a nessuno”, è anche vero che “l’Italia deve guardare al mondo”.

(di Luca Mirone/ANSA)