Caritas, cresce il disagio a Roma: “Più italiani chiedono aiuto”

Nella foto una mensa della Caritas in Italia
Nella foto una mensa della Caritas in Italia.

ROMA. – Oltre 11 mila persone accolte nelle mense nel 2018. E’ uno dei dati che fotografa l’attività della Caritas Diocesana di Roma. Nella Capitale “cresce il numero di situazioni di grave disagio economico e si acutizzano situazioni di emarginazione ed esclusione sociale legate alla solitudine”, segnala la Caritas. Che, in ambito sanitario, evidenzia la crescita del “numero di famiglie italiane che chiede assistenza per l’acquisto di medicinali e per le cure odontoiatriche”.

Il rapporto “Caritas in cifre” illustra con dati e grafici l’attività svolta in 52 realtà tra ostelli, comunità, case famiglia e mense sociali che operano a supporto delle comunità coordinandosi con i 146 centri di ascolto parrocchiali. Da qui emerge come nel 2018 siano stati ospitati 2 mila senza dimora, famiglie, vittime di tratta e violenza; curati 4 mila malati indigenti; incontrati e sostenuti 15 mila detenuti.

“Grande l’impegno delle parrocchie per dare ‘ascolto’ a 21 mila famiglie. Oltre 385 mila i pasti distribuiti, 210 mila i pernottamenti, 13 mila le prestazioni sanitarie, 52 mila le visite domiciliari a malati e anziani”, si spiega. Tra le persone che si sono rivolte, per vari problemi riconducibili a disagi di tipo economico o sociale, ai centri di ascolto della rete Caritas in città, gli italiani sono più degli stranieri: il 51% contro il 47% dello scorso anno. Tra questi molti sono anziani e il 65% sono donne. Vive in affitto il 46% delle persone accolte, in dimore di fortuna il 3%, presso amici e parenti l’11%, in occupazione il 3,7%, in centri di accoglienza il 2,8%. L’8,4% ha casa di proprietà”.

In linea generale è una “povertà multidimensionale” quella che a Roma viene fotografata: “disabilità, peggioramento della salute, forme di indebitamento, problematiche penalmente rilevanti, dipendenze”. Il direttore della Caritas di Roma, don Benoni Ambarus sottolinea come “l’attività lavorativa, spesso precaria e sottopagata, non riesce a rappresentare un fattore di riscatto economico e sociale, deprimendo in modo molto grave non solo le possibilità di risalita ma anche la dimensione della fiducia e della speranza.

Il reddito di inclusione, nel quale molte famiglie hanno riposto qualche aspettativa per attenuare l’intensità delle preoccupazioni quotidiane, non sembra essere riuscito a fornire forme significative di supporto – sostiene Ambarus -, sia per l’inadeguatezza degli importi sia per l’inesistenza di fatto dei progetti di inserimento sociale e/o lavorativo che pure sono previsti dalla misura”.

(di Paola Lo Mele/ANSA)