Siria, Usa, Russia i dilemmi di Erdogan indebolito

Un'immagine in cartapesta di Erdogan sfila per le strade con la scritta DIKTATUR. Archivio.
Un'immagine in cartapesta di Erdogan sfila per le strade con la scritta "Diktatur". Archivio.

ISTANBUL. – Per ora, Recep Tayyip Erdogan resta in silenzio. Dopo aver sguinzagliato i suoi luogotenenti per dare battaglia contro le sconfitte a Istanbul e Ankara, presentando ricorsi contro presunti brogli, il presidente turco rimette insieme i pezzi della peggiore sconfitta elettorale da quando è al potere e si prepara al rilancio. In patria, la scommessa è di far ripartire l’economia.

Ma la fiducia degli investitori esteri, decisivi per vincere la sfida, dipenderà molto dalle prossime mosse del ‘Sultano’. In ballo c’è il posizionamento di Ankara nell’ormai cronica oscillazione tra Europa e regimi forti di Asia e Medio Oriente, tra la Nato e la Russia. Che farà ora Erdogan? Giocherà d’attacco, come ama fare, o cercherà di ricostruire i logori rapporti con Washington e Bruxelles? Una partita può segnare il cammino.

A poche ore dalla chiusure delle urne, gli Stati Uniti hanno annunciato la “sospensione delle consegne di equipaggiamenti e delle attività” associati al maxi-ordine di 100 jet F-35 di ultima generazione della Turchia, che sta già formando i suoi piloti in una base americana. È l’ultimo atto del braccio di ferro legato all’acquisto del sistema di difesa missilistico russo S-400. Un accordo su cui Ankara ha ripetutamente escluso passi indietro, negando anche l’ipotesi di rivenderlo a Paesi terzi per sfuggire a eventuali sanzioni.

L’ora della verità potrebbe scoccare lunedì, quando Erdogan farà nuovamente visita a Vladimir Putin in Russia. Nelle ultime ore, anche da Mosca è filtrato qualche dubbio sull’effettiva determinazione turca. Ma se ci sarà il via libera definitivo, la prima batteria di missili potrebbe arrivare già a luglio.

Alla prova dei fatti è attesa anche la minaccia, ribadita in campagna elettorale, di risolvere “sul campo” la situazione con i curdi in Siria. Dopo le due operazioni militari oltre confine dal 2016, l’esercito scalpita. Ma ancora una volta, sulla strada di Erdogan ci sono gli Stati Uniti. I contorni dell’annunciato ritiro americano restano ancora da definire. Cruciali saranno il numero e la missione dei soldati a stelle e strisce che resteranno sul terreno.

Senza un’intesa politica con Washington, che fa da scudo alle milizie curde dell’Ypg, difficilmente Ankara potrà intervenire. Finora, le trattative sono andate a vuoto. E dopo le elezioni di domenica, il compito sembra ancora più arduo.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)

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