“Mercati aperti e reciprocità”, prove d’intesa tra Europa e Cina

Xi Jinping campeggia all'interno del museo nazionale di Pechino. Cina
Xi Jinping campeggia all'interno del museo nazionale di Pechino

BRUXELLES. – Da “rivale sistemico” a “partnership più importante che mai”. E’ la prima evoluzione apparente del rapporto Ue – Cina dopo il vertice bilaterale di Bruxelles, che ha visto prove d’intesa della strana coppia con concessioni di Pechino – quanto meno sulla carta – a tutte le richieste principali degli europei: apertura del mercato alle imprese europee, reciprocità, stop ai sussidi industriali e ai trasferimenti forzati di tecnologia. E, da parte degli europei, un silenzio-assenso su Huawei, il gigante del tech cinese accusato dagli Usa di spionaggio con le reti 5G.

“Un grande passo in avanti nella giusta direzione” dopo “negoziati difficili ma fruttuosi” per i presidenti di Commissione e Consiglio europeo Jean-Claude Juncker e Donald Tusk. Per il premier cinese Li Keqiang, la platea perfetta per assicurare che la Cina manterrà la sua parola sugli impegni presi. E la promessa – o forse la minaccia – che il Dragone “continuerà ad aprirsi” al mondo.

Sono stati infatti 10 giorni intensi di negoziati, arrivati a un punto quasi di rottura lo scorso venerdì quando l’Ue ha minacciato che non ci sarebbe stata nessuna dichiarazione congiunta con la Cina al termine del vertice se Pechino avesse continuato a rifiutare le richieste europee. Un esito non voluto né da Pechino né da Bruxelles, soprattutto alla luce dei negoziati in corso con gli Usa per risolvere le tensioni commerciali che ci sono con entrambe.

Ed ecco allora arrivare l’impegno scritto della Cina per un “accesso al mercato sostanzialmente migliorato, l’eliminazione di requisiti e pratiche discriminatorie che colpiscono gli investitori stranieri e la creazione di un quadro di protezione degli investimenti equilibrato”.

E questo, in concreto, con la chiusura dell’Accordo quadro sugli investimenti “nel 2020” e quello sulle indicazioni geografiche protette “entro fine anno”, con il “rafforzare le regole internazionali sui sussidi industriali” nell’ambito della riforma del Wto e il principio chiave che “non ci devono essere trasferimenti forzati di tecnologia” per le imprese europee che investono in Cina, oltre a “risultati tangibili” sulla tutela della “proprietà intellettuale”.

Il premier cinese ha quindi giocato la sua partita rassicurando gli europei sulla loro principale preoccupazione: la dichiarazione non resterà solo un altro pezzo di carta per gli archivi, come quella dell’anno scorso. “Tradurremo in azioni concrete la nostra parola”, assicurando “un trattamento uguale alle imprese europee e cinesi” con una “apertura che sarà nei due sensi”, ha detto Li in conferenza stampa. Purché anche quelle cinesi e in particolare Huawei, ha avvertito, siano trattate “con equità” in Europa.

Qui è stato Juncker a fare la sua concessione: l’Ue, ha detto il presidente della Commissione, “non prende di mira fornitori specifici” del 5G. Al punto che questo nodo, a quanto asserito sia da Li che da Juncker, non è stato nemmeno discusso al vertice. Nella dichiarazione congiunta, infatti, Ue e Cina invitano a continuare la loro cooperazione su cybersicurezza e 5G sulla base degli impegni passati. E vengono inoltre concordati i termini per avviare uno studio di fattibilità per collegare le grandi reti ferroviarie transeuropee con quelle della nuova Via della Seta. Perché Bruxelles non sia messa da parte dagli accordi bilaterali tra la Cina e i 27.

(di Lucia Sali/ANSA)

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