Chiude Centro di accoglienza femminile a Roma, protestano le suore

L'ingresso di un Centro di Accoglienza femminile. Suore
L'ingresso di un Centro di Accoglienza femminile.

ROMA. – Chiude il Centro di accoglienza straordinaria per migranti donne a Torrenova, nella periferia romana, e un gruppo di suore, che qui svolgeva assistenza, protesta. Lo fanno con una lettera al direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, pubblicata dal quotidiano cattolico. “Il vostro dolore e sconcerto è il nostro – scrive il direttore commentando la lettera delle religiose -: si smonta l’accoglienza che funzionava in una guerra alla solidarietà. Un disastro umano, una vergogna civile”.

Le suore scrivono di voler dare “un primo segnale di vicinanza alle tante sorelle che abbiamo incontrato durante il nostro periodo di servizio al Cas di Torrenova, per l’accoglienza, appunto, di ragazze migranti nella periferia est di Roma. Proprio questa mattina la struttura verrà chiusa e le giovani saranno messe su degli autobus e inviate verso destinazioni sconosciute, forse in uno degli altri centri sparsi in Italia, che uno dopo l’altro stanno chiudendo i battenti in virtù di questa desiderata e decretata ‘sicurezza’”.

Le suore dallo scorso primo agosto si erano messe a disposizione di questa fragile realtà svolgendo sostanzialmente un servizio di accoglienza alle giovani migranti ma anche “alcuni mini-corsi – come le stesse suore raccontano – per aiutarle a crescere in umanità, dignità e serenità. Siamo fortemente rimaste colpite dalle modalità di attuazione della chiusura della struttura: tempi brevissimi di preavviso e poche informazioni sul futuro delle giovani donne coinvolte. Ci chiediamo: stiamo forse dando tutti quanti un cattivo esempio di gestione del fenomeno migratorio, con un approccio alle persone poco rispettoso dei diritti umani e non all’altezza dei valori del nostro Paese, l’Italia?”.

Alla lettera risponde il direttore Tarquinio. “Il cuore scandaloso di questa politica – scrive – è che non risolve nessun problema, ma ne crea di nuovi. E questo aumenta le sofferenze delle persone fragili coinvolte, umilia gli uomini e le donne professionalmente e volontariamente impegnate in un’accoglienza che era quella meglio regolata e davvero funzionante, e accresce per lo strano mix di propaganda (odiosa) e di silenzio (cinico) su ciò che sta accadendo, il tasso di intossicazione di pezzi di opinione pubblica”.

“Questi stessi signori – conclude il direttore di Avvenire – sono quelli che periodicamente vagheggiano la riapertura delle ‘case chiuse’. Non ci sono riusciti, e per intanto si danno da fare per avere i ‘Cas chiusi’. Vittime sempre i deboli, e soprattutto, come in questo caso, le donne”.