India: a cent’anni dal massacro di Amritsar niente scuse dalla Gran Bretagna

Amritsar: Studenti con le bandiere dell'India in omaggio ai caduti nel massacro di Jallianwala Bagh.
Studenti con le bandiere dell'India in omaggio ai caduti nel massacro di Jallianwala Bagh. EPA/RAMINDER PAL SINGH

NEW DELHI. – A cento anni esatti, l’India aspetta ancora dall’Inghilterra le scuse formali per il massacro di Jallianwala Bagh, noto anche come il massacro di Amritsar: tutti i media rilanciano la necessità delle scuse, assecondando la proposta dello scrittore e politico Shashi Tharoor che, recentemente, aveva suggerito la ricorrenza dei cento anni di oggi come momento ideale per l’atteso gesto di scuse.

La settimana scorsa la premier inglese Theresa May, parlando al parlamento ha espresso “dispiacere per l’accaduto” e ha definito la tragedia una “cicatrice vergognosa della storia anglo-indiana. Come disse la Regina Elisabetta II prima di visitare Jallianwala Bagh nel 1997”, ha affermato May, “si tratta di un esempio doloroso del nostro passato in India”.

Secondo le ricostruzioni degli stessi inglesi, le vittime del massacro furono almeno 379, tra cui molte donne e bambini, ma l’esatto numero non è mai stato appurato. Quel pomeriggio moltissime persone si erano riunite ad Amritsar, nel giardino di Jallianwala, un’area protetta da alte mura, per protestare pacificamente contro l’arresto di due leader nazionalisti: dopo che il colonnello Reginal Dyer, definito sulla copertina del settimanale The week “il macellaio di Amritsar”, diede l’ordine di aprire il fuoco, l’esercito sparò a vista sulla folla, per almeno dieci minuti, fino all’esaurimento delle munizioni.

Manifestazioni celebrative si tengono in tutto il paese, ad Amritsar il Governo ha promosso una fiaccolata: l’episodio, secondo molti storici, aprì la strada della definitiva ribellione degli indiani contro l’impero britannico.