Domus Aurea delle meraviglie, ecco la Sala della Sfinge

Intervento di messa in sicurezza Particolari dello stato di conservazione e del consolidamento degli intonaci dipinti
Intervento di messa in sicurezza Particolari dello stato di conservazione e del consolidamento degli intonaci dipinti ANSA/UFFICIO STAMPA PARCO ARCHEOLOGICO DEL COLOSSEO

ROMA. – Uno squarcio in alto in alto sul muro della sala numero 72, una delle tantissime stanze della Domus Aurea, la raffinata reggia diffusa che Nerone si fece costruire in tutta fretta dopo l’incendio che nel 64 d.C. aveva distrutto la città. E’ arrivata così, del tutto inattesa in una mattina di autunno del 2018, la nuova, eccezionale scoperta della Domus Aurea anticipata oggi dall’ANSA. Con i responsabili che subito decidono di montare un’impalcatura per consolidare quel muro, studiare, aggiustare, riparare, come fanno pazientemente ogni giorno nell’immenso cantiere.

E si trovano di fronte – al di là di una finestra a bocca di lupo che nessuno prima di allora aveva notato – ad una splendida sala di cui non si sapeva nulla, in gran parte interrata e rimasta al buio per duemila anni con tutto il suo tesoro di delicate raffinatezze, compresa la piccola sfinge solitaria alla quale Alessandro D’Alessio, il funzionario responsabile, ha pensato di intitolarla.

“Un frutto della tutela”, sorride la direttrice del Parco Archeologico del Colosseo Alfonsina Russo sottolineando i passi avanti del cantiere, un ambiente che con la sua raffinatezza “racconta le atmosfere del principato neroniano”. L’emozione di quel mattino, racconta oggi all’ANSA D’Alessio, è stata davvero unica. “Per carità, qui scopriamo qualcosa ogni giorno, siamo abituati allo stupore, ma in tanti anni non mi era mai capitato di trovarmi di fronte ad una nuova sala completamente affrescata”.

L’impatto iniziale è quasi accecante, con quel fondo bianco delle pareti e del soffitto a volta sul quale risaltano le figure dipinte, fauni, centauri, uccellini, creature marine. La meraviglia più grande è arrivata comunque qualche giorno fa, quando finalmente i tecnici sono potuti entrare nella nuova sala per mettere in sicurezza l’ambiente e le pitture. “E’ una cosa recentissima, abbiamo concluso da pochi giorni”, sottolinea il funzionario archeologo.

Peccato che una larga parte della nuova sala, che ha la pianta rettangolare ed è chiusa da una volta a botte anch’essa fittamente decorata, sia ancora interrata, sepolta sotto quintali di terra e di materiale di risulta su ordine degli architetti di Traiano, che proprio qui, sopra la reggia dell’odiato Nerone, fece costruire un complesso termale. Ma non è detto che debba rimanere così: “Ora dobbiamo approfondire lo studio e decidere cosa fare, è possibile che si decida di liberare tutto l’ambiente dalla terra”, anticipa D’Alessio.

Al momento, spiega, non si può sapere cosa si nasconde nelle parti inferiori della sala. “Potrebbero esserci dipinti, sempre nel IV stile, ma anche marmi colorati, come quelli che sono stati trovati in altre stanze della Domus”, dice D’Alessio. Sconosciuta è anche la destinazione d’uso di quella splendida sala, “com’è per tutte le stanze della Domus Aurea che insistono sul Colle Oppio”, ambienti che Nerone aveva destinato alla rappresentanza (lui abitava sul Palatino) ma dei quali non si sa ancora molto.

“Forse servivano ad esporre opere d’arte”, dice D’Alessio, una sorta di quello che oggi per noi è un museo. Tant’è, quello che emerge al momento nella Sala della Sfinge racconta già molto di questa grande stanza, che anche ai tempi di Nerone doveva essere non molto illuminata (secondo D’Alessio si trattava di un preesistente magazzino che l’imperatore aveva fatto annettere alla struttura e poi ridecorare) e che per questo si decise di decorare con un luminoso fondo bianco sul quale risaltano eleganti figurine suddivise in riquadri bordati di rosso o di giallo oro, con uno stile tipico di una bottega di pittori, all’epoca molto conosciuta.

In un quadrato il dio Pan, che per i romani è un fauno, in un altro un personaggio armato di spada, faretra e scudo che combatte con una pantera, in un altro la piccola sfinge, che svetta muta e solitaria su un piedistallo. E poi creature acquatiche stilizzate, reali o fantastiche, accenni di architetture come andava all’epoca, ghirlande vegetali e rami con delicate foglioline verdi, gialle, rosse, festoni di fiori e frutta, uccellini in posa. Un’atmosfera sognante e rarefatta che ci rimanda indietro nel tempo agli anni ’60 di quel primo secolo dopo Cristo e ai fasti colti e raffinati di un imperatore che sognava per sé il lusso delle regge tolemaiche.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)

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