Spinta agli investimenti, Tria propone nuovo dipartimento

Giovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze. Iva
Giovanni Tria, ministro dell'Economia e delle Finanze. ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Gli investimenti pubblici sono il principale volano per spingere la crescita. E il nodo, contrariamente a quanto si pensa, non sono le risorse ma la necessità di avviare procedure per l’utilizzo concreto dei fondi, attivando un volano che possa attrarre anche capitali nazionali e stranieri. E’ il pallino del ministro dell’Economia Giovanni Tria che con questo intento cambia faccia al ministero dell’Economia.

Al Consiglio dei ministri porta una riorganizzazione del dicastero con la quale crea un quinto dipartimento, che avrà sul tema degli investimenti un grande potere: potrà fare analisi, verificare gli impatti reali delle scelte prima e dopo, lavorare per attrarre investimenti pubblici e privati, proporre riforme per la spesa relativa agli investimenti, migliorare l’assetto normativo ma anche esprimere pareri sulle concessioni tariffarie in tema di infrastrutture pubbliche e incidere in concreto sui dossier che arrivano al Cipe, che è poi uno dei gangli per il quale passano in concreto molte delle risorse che arrivano sul territorio.

La nuova struttura, che sarà guidata da un direttore generale, si affianca a quelli del Tesoro, della Ragioneria, delle Finanze e del Personale e si chiamerà “dipartimento dell’analisi, delle politica e della programmazione della spesa in conto capitale”. La bozza del regolamento proposto da Tria parte delle indicazioni contenute nella legge di Bilancio, ma nella sua costruzione appare chiaro che è ‘vestita’ come un abito su misura per il ministro dell’Economia, per il quale farà da consulente e redigerà studi e ricerche, affiancandolo nella programmazione degli investimenti, ma nella valutazione della fattibilità delle singole proposte normative.

Un potere enorme. Sarà una sorta di fortino ‘strategico’ per gli investimenti italiani, che certo dovrà dialogare – è previsto espressamente nel regolamento – con gli altri ministeri che non hanno mai nascosto di essere gelosi delle proprie competenze in materia: dal ministero dei Trasporti a quello dello Sviluppo economico, dove sono insediate strutture per il rilancio e la gestione degli investimenti.

A dire il vero il profilo delineato dal Mef appare più giuridico e finanziario, ma è chiaro che in tema di investimenti poter esprimere valutazione sugli impatti economici diventa determinante. Affrontare poi l'”analisi della disciplina dei profili di regolazione economica e tariffaria in materia di infrastrutture e dei contratti di servizio dello Stato”, potrebbe incidere, ad esempio, anche sulle concessioni autostradali, tema molto caro al ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli dopo il crollo del Ponte Morandi.

L’obiettivo di Tria appare comunque quello di rilanciare la crescita pigiando sull’acceleratore delle capacità di spesa del Paese. Non appena arrivato al ministero aveva calcolato 150 miliardi stanziati in 15 anni per investimenti pubblici già scontati dal deficit, dei quali 118 immediatamente cantierabili. Ma – aveva denunciato – manca spesso la capacità, soprattutto delle piccole amministrazioni locali, di gestire progetti attivando le risorse.

Ecco perché la legge di Bilancio prevedeva tra l’altro l’assunzione di alcune centinaia di ingegneri da inserire in una struttura di aiuto per l’utilizzo delle risorse che Tria pensa di inserire all’interno dell’agenzia del Demanio, per limitare altre poltrone di vertice. Ma una nuova poltrona sarà necessaria. Il nuovo dipartimento avrà bisogno di una guida. Se il nuovo ragioniere al posto di Daniele Franco sarà Biagio Mazzotta, è probabile che Alessandra Del Debbio, ora in testa all’Ispettorato della Rgs, possa essere chiamata a dirigere questa struttura strategica.

(di Corrado Chiominto/ANSA)

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