Giro d’Italia: Benedetti firma l’impresa, Polanc si veste di rosa

La volata di Cesare Benedetti della Bora sul traguardo di Pinerolo.
La volata di Cesare Benedetti della Bora sul traguardo di Pinerolo. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

PINEROLO (TORINO).- Il 102/o Giro d’Italia di ciclismo si accende sul finire della seconda settimana, in quella che una volta era la madre di tutte le tappe e che al giorno d’oggi, invece, conserva soltanto il ricordo dell’impresa di Fausto Coppi, vecchia di 70 anni, ma non certo sbiadita.

A incendiare la corsa il primo (di una lunga serie) Gran premio della montagna di 1/a Categoria 2019 e il muro finale di via Principi d’Acaja: 450 metri al 14% con punte del 20. Ma anche una fuga scattata poco dopo il via, che ha rimescolato le carte e contribuito a ridisegnare la classifica. Davanti agli occhi di ‘Sua maestà’ Eddy Merckx, il successo di tappa è andato a Cesare Benedetti, gregario di 31 anni nella Bora Hansgrohe, mentre la maglia rosa ha cambiato padrone, finendo sulle spalle di un altro sloveno, Jan Polanc.

Ed è singolare come i primi due posti della classifica generale siano occupati da altrettanti corridori sloveni: Polanc, appunto, e Primoz Roglic. Mai, prima di quest’anno, il Paese attaccato all’Italia era salito così in alto nel ciclismo. Una conferma di come la geografia di questo sport sia ormai cambiata in modo sostanziale.

La tappa odierna ha fornito indicazioni importanti sugli scenari e le ambizioni dei big. Ha fatto capire che, nelle prossime tappe, ci da divertirsi, ma non solo: che Vincenzo Nibali, Mikel Landa e Richard Carapaz sono pronti a dare battaglia per colmare il divario da Roglic, attualmente secondo in classifica, ma primo fra gli atleti di spicco. E ha detto che Roglic, apparso insuperabile a cronometro, può essere attaccato e, magari chissà, essere messo anche alle corde.

Molto dipenderà dai giochi di squadra, dalla condizione dei gregari e dalle strategie che, in un ciclismo sempre meno individualista, possono spostare gli equilibri. Nibali ha dalla sua un Damiano Caruso (oggi secondo) totalmente recuperato dall’influenza dei giorni scorsi; Miguel Angel Lopez può fare affidamento sulla forza d’urto dell’Astana, Mikel Landa – che ha ammesso di puntare al podio – su un alleato come Carapaz.

Oggi la gara ha preso subito una piega ben definita. Pronti, via, fuga, con dentro i tedeschi Jasha Suetterlin, Roger Kluge e Christian Knees, Francesco Gavazzi, Matteo Montaguti, Manuele Boaro, Dario Cataldo, Damiano Caruso, Luca Covili, Manuel Senni, Cesare Benedetti, Eros Capecchi, Gianluca Brambilla, Enrico Gasparotto, il ceco Josef Cerny, lo statunitense Sean Bennett, lo svedese Tobias Ludvigsson, gli irlandesi Eddie Dunbar e Conor Dunne, i belgi Jan Bakelants, Jenthe Biermans e Thomas De Gendt, lo svizzero Danilo Wyss, l’austriaco Marco Haller e lo sloveno Jan Polanc.

Nessuno poteva prevedere un vantaggio di oltre un quarto d’ora, né che tra i fuggitivi ci fosse la nuova maglia rosa, oltre al vincitore di tappa. La salita del Montoso fino ai 1.248 metri ha esaltato le qualità di Landa e Lopez, partiti a tutta e subito apparsi in grado di fare la differenza, Nibali è rimasto nelle prime posizioni, mentre Roglic invitava tutti ad andare, senza preoccuparsi di prendere in mano il comando delle operazioni. Furbata o limite fisico-atletico?

Già dalla tappa di domani se ne saprà di più. Il muro finale di via Principi d’Acaja è stato severo e selettivo, come sempre, riducendo al minimo le velleità di chi attaccava e di chi inseguiva, dando uno scossone alla classifica. Da domani il Giro sale in quota e chi ne avrà può provarci a rendere la corsa un campo di battaglia. Osando e combattendo, ma soprattutto pedalando.

(dell’inviato Adolfo Fantaccini/ANSA)

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