La notte di De Rossi, la Roma ammaina un’altra bandiera

Lo striscione dei tifosi della roma per Daniele De Rossi durante la partita Parma-Roma.
Lo striscione dei tifosi della Roma per Daniele De Rossi. (Archivio) ANSA/RICCARDO ANTIMIANI

ROMA. – Ci risiamo. Roma e la Roma ammainano un’altra bandiera. Daniele De Rossi saluta il suo pubblico, i tuoi tifosi, un pezzo della sua vita. Lo fa in un altro 26 maggio, che nella mente del tifo giallorosso rimanda a dolorosi ricordi, e in occasione di un Roma-Parma, che chiude simbolicamente il cerchio tra quello che fu, uno storico scudetto, e ciò che non ci sarà più.

Dopo seicento e 16 (ecco che il numero magico che gli ha scritto carriera e storia) partite DDR lascia, sfrattato dalla casa che è stata sua per 18 lunghi anni. Un addio più intimo e meno recitato rispetto a quello del suo ex Capitano, ma ugualmente acuto, triste, forse insopportabile per Daniele e la fascia che solo due anni fa gli lasciò in eredità l’ultimo Re di Roma. L’ultima maglia del n.16 giallorosso, sfilata per sempre davanti a un Olimpico sold out, a occhi gonfi di lacrime, in una serata di pioggia e malinconia (“Perché tu sei noi in campo e noi siamo te negli spalti”, la sintesi di tutto), diventa così l’appuntamento clou di una stagione sportivamente da dimenticare ma che resterà per sempre nel cuore del tifo giallorosso.

Un appuntamento che ha ovviamente la priorità su una partita, terminata 2-1 per i giallorossi (gol di Pellegrini, Gervinho e Perotti) che non aveva nulla da dire ma che ha tanto da lasciare. Roma-Parma riporta alla mente dolcissimi ricordi da queste parti, ha poco significato per la classifica ma ne ha uno immenso per il sentimento che lega il calciatore, “questo” calciatore alla sua gente.

DDR esce di scena mano nella mano alla contestazione che sta accompagnando James Pallotta in giro per mezzo mondo, lo fa prima lasciando il campo al minuto 82, poi con l’ultimo giro di campo, emozionante, unico, come solo Roma può regalarti, una città dove si vince poco ma che ti regala l’eternità. E’ stato così per Francesco Totti, è così oggi per Daniele De Rossi, ma se per il capitano ha deciso il tempo, per DDR hanno deciso altri, la proprietà americana, mai amata da queste parti, un presidente lontano e assente e anche oggi sonoramente fischiato dal pubblico.

Alla fine la Roma ha battuto il Parma, ma questa vittoria inutile non ha tolto dall’imbarazzo come accadde invece due anni col gol-Champions di Perotti contro il Genoa. A far correre i brividi lungo la schiena ai 62mila dell’Olimpico non ci ha pensato il goleador di turno ma l’ultimo simbolo di Roma. E Roma, con l’Olimpico, lo ha salutato in un’atmosfera di struggente malinconia, di catarsi collettiva. DDR, 36 anni a luglio, si è tolto per l’ultima volta la sua seconda pelle e la fascia da capitano, consegnandola a Florenzi, perchè la vita continua e c’è un futuro come ha raccontato ieri il suo ‘arrivederci’.

Ma oggi è il giorno dell’addio alla maglia giallorossa, il giorno che lui voleva che non arrivasse mai, e per questo mentre fa le sue ultime sgambate da calciatore della Roma non ce la fa a trattenere le lacrime, mentre piangono anche quasi tutti i compagni di squadra, la moglie Sarah, figli e i fratelli-tifosi ancora scossi dall’addio traumatico. Un finale-incubo che toglie brutalmente al tifo giallorosso l’ultimo nome e l’ultima faccia cui aggrapparsi per sentirsi orgogliosamente romanisti. Un’onda emotiva che non si è placata mai, perché i tifosi sanno che DDR ci ha messo sempre passione, amore e tante volte la faccia.

Non è mai stato idolatrato come l’ ‘Altro’, ma ha incarnato più del ‘gemello con la maglia n.10 quella forza bruta, romana e romanesca come ha raccontato tante volte la sua giugulare. Emotivo, appassionato, soprattutto innamorato dalla maglia ma anche tanto bravo, DDR è stato amato da tutti, tifosi, compagni e avversari. Oggi per la prima volta nella sua vita DDR ha per un attimo tremato e forse avrebbe voluto scappare per non finire in mille pezzi.

Prendere o lasciare: Daniele nella sua vita non ha mai cercato scorciatoie, mai simulato, è sempre stato diretto, sanguigno, leale. Calciatore e tifoso alla stesso tempo: un dono non per tutti ma che da queste latitudini hanno somatizzato da una vita, prima con Bruno Conti, poi Francesco Totti, in un altro ‘funerale’ di massa da raccontare, lui novello Capitano che nel breve volgere di un biennio ha cambiato tempo: da Futuro a già Passato. Ma indimenticabile.

(di Sandro Verginelli/ANSA)

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