Affluenza boom in Europa, populisti avanzano ma non sfondano

Vista generale del Parlamento europeo.
Vista generale del Parlamento europeo.

ROMA. – Lo si era detto alla vigilia e i numeri lo hanno confermato: mai come stavolta le elezioni europee sono riuscite a coinvolgere il cuore e la testa degli elettori del Vecchio Continente. Un’affluenza record nei principali Paesi – tranne che in Italia – è il dato più eclatante di una tornata elettorale carica di una valenza politica inedita: una scelta di campo su quale futuro dare all’Europa.

Un derby tra europeisti e sovranisti nel quale i secondi, seppure in crescita in diversi Paesi, non riescono a sfondare e con ogni probabilità resteranno fuori dai giochi. Le forze tradizionali – popolari e socialisti – perdono terreno e dovranno allargarsi ai liberali per continuare a essere maggioranza. E spunta la sorpresa dei Verdi, protagonisti di un exploit oltre ogni previsione.

L’affluenza al voto non solo è stata la più alta negli ultimi venti anni, superiore al 50% nella media europea, ma segna anche un’inversione di tendenza rispetto al costante calo nella partecipazione che andava avanti dal 1979.

Nell’attesa dei dati definitivi per capire quale impatto questo entusiasmo popolare avrà sull’effettiva composizione dei gruppi politici dell’emiciclo di Strasburgo, dalle proiezioni del Parlamento europeo emerge questo quadro: popolari e socialisti perdono la maggioranza che finora ha retto gli equilibri in Europa ma manterrebbero comunque ancora il controllo cooptando i liberali e il movimento En Marche di Emmanuel Macron, e magari anche i Verdi, vogliosi di far pesare i nuovi consensi.

Un eventuale gruppone sovranista, se gli altri come probabile decideranno di mettere in atto un cordone sanitario nei loro confronti come nel 2014, potrebbe dunque non incidere negli equilibri post-elettorali e soprattutto sulla composizione della nuova Commissione europea. Anche sommando le forze eterogenee di conservatori Ecr, Enf (il gruppo della Lega di Salvini) e Efdd (il gruppo dei 5 Stelle) si arriverebbe a 173 eurodeputati su 751.

Certo bisognerà capire cosa vorrà fare il vittorioso Orban con la sua truppa di eurodeputati. Se deciderà di uscire dal Ppe, andrebbe a rafforzare i nazionalisti. Ma anche così non sembra possa reggersi in piedi un’ipotetica maggioranza Ppe-sovranisti, che si fermerebbe sotto i 370 seggi necessari per governare l’aula. E d’altronde lo ‘Spitzencandidat’ del Ppe Manfred Weber ha già escluso una simile alleanza. Il tedesco vorrebbe invece andare all’incasso personale: nonostante il calo, i popolari restano il primo gruppo e – dice il loro candidato alla successione di Jean-Claude Juncker – “meritano la presidenza della Commissione europea”. Dovrà fare i conti con i liberali, che già sottolineano come nel prossimo parlamento saranno loro l’ago della bilancia.

Il dato più inatteso, comunque, è il boom dei Verdi, che sembrano ormai coagulare intorno alla proposta ambientalista – anche sull’onda dell’effetto Greta – il voto del dissenso giovanile e progressista, deluso dai socialisti, che pure segnano buoni risultati in diversi Paesi: in primis Spagna e Olanda. La Germania in questo senso è emblematica: nel Paese che elegge più eurodeputati, gli ecologisti raddoppiano i consensi e sono il secondo partito mentre crolla la Spd e cala la Cdu di Merkel. Sorpresa anche in Francia, dove la lista Europe-Ecologie le Verts è il terzo partito con il 12,8% dei voti.

Delude invece la sinistra radicale, che perde seggi rispetto al 2014 e vede anche la sconfitta del suo uomo simbolo, l’Alexis Tsipras, che chiede elezioni anticipate in Grecia.

I populisti alleati di Salvini in Europa segnano buoni risultati soprattutto in Francia, dove il Rassemblement National di Marine Le Pen è primo con il 23,2%. In Germania l’estrema destra dell’Afd cresce al 10,5% ma non sfonda come i sondaggi lasciavano presagire. I Veri finlandesi restano fermi al 13%. L’austriaco Fpoe, colpito dallo scandalo dell’Ibiza-gate, scende di due punti al 17,5%, mentre il Partito del Popolo Danese vede un tracollo: al 13,2% rispetto al 26,6% di cinque anni fa. Il partito ultraconservatore polacco Diritto e Giustizia, corteggiato dal leader della Lega, trionfa col 42,40%.

Non va tanto bene invece per gli alleati del M5s, con i polacchi di Kukiz 15 sotto lo sbarramento e fuori dall’Eurocamera, il partito croato anti-sfratti Zivi Zid appena sopra il 5% e i greci di Akkel praticamente inesistenti. Il risultato migliore, tra i sovranisti, lo ottiene alla fine paradossalmente il Brexit Party di Nigel Farage, che ha mantenuto la sua promessa di riportare a Strasburgo “un’orda di eurodeputati euroscettici”. Ma se il Regno Unito uscirà dall’Ue il 31 ottobre, neppure loro avranno alcun peso negli equilibri futuri dell’Unione.

(di Salvatore Lussu/ANSA)

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