Funziona immunoterapia per malati gravi di tumore ai polmoni

Cellule tumorali al microscopio.
Cellule tumorali al microscopio. (ANSA)

CHICAGO. – Dall’immunoterapia, approccio innovativo che punta a risvegliare il sistema immunitario per combattere le cellule cancerose, arriva una nuova speranza per i pazienti con tumore al polmone in stadio avanzato. Un nuovo farmaco immunoterapico (durvalumab) ha infatti dimostrato, per la prima volta, di aumentare significativamente la sopravvivenza di questi malati: il 57% di essi, sottoposto alla terapia, è infatti vivo dopo tre anni.

La buona notizia arriva dal congresso della Società americana di oncologia clinica (Asco), dove gli oncologi parlano di “grande risultato” per una categoria di pazienti con poche armi a disposizione e per i quali da due decenni non si registrava alcuna novità sul fronte delle cure.

La nuova immunoterapia si è dunque dimostrata efficace contro il tumore del polmone non a piccole cellule (Nsclc) – la tipologia più diffusa di carcinoma polmonare – in stadio avanzato e non operabile, che in Italia registra oltre 12mila nuovi casi l’anno su un totale di 35mila casi di questo tipo di tumore: è viva dopo tre anni oltre la metà dei pazienti (57%) rispetto al 43,5% con placebo.

Lo dimostra lo studio di fase III PACIFIC, condotto in 235 centri in 26 paesi e che ha coinvolto 713 pazienti, presentato al congresso. Si tratta del primo trattamento immunoterapico che abbia fatto registrare un dato positivo di sopravvivenza a 3 anni per questa categoria di pazienti. Inoltre, gli ultimi risultati hanno mostrato un’efficacia costante e duratura, mantenendo una riduzione del 31% del rischio di morte per questi malati.

Tali risultati, afferma Giorgio Scagliotti, direttore del Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino e presidente della International Association for the Study of Lung Cancer (IASLC), “sono estremamente incoraggianti per pazienti che da 15 anni non avevano a disposizione nessuna nuova arma terapeutica, e confermano durvalumab quale prima immunoterapia a dimostrare un beneficio significativo di sopravvivenza globale”.

Prima della disponibilità di durvalumab, i tassi di sopravvivenza a cinque anni per questi pazienti “erano limitati al 15-30% – aggiunge Jhanelle Gray, direttore del dipartimento di Oncologia Toracica al Moffitt Cancer Center di Tampa in Florida, tra gli autori dello studio -. È straordinario vedere che più della metà dei pazienti trattati è ancora in vita dopo tre anni”.

Lo studio ha però evidenziato anche degli effetti avversi: il 30,5% dei pazienti ha manifestato un evento avverso di grado 3 o 4 contro il 26,1% con placebo, e il 15,4% ha dovuto interrompere il trattamento rispetto al 9,8% con placebo. I nuovi dati rappresentano ad ogni modo un passo avanti significativo nell’utilizzo dell’immunoterapia, la cui efficacia è stata già dimostrata per vari tipi di tumore, come ‘quarta arma’ dell’oncologia dopo la chirurgia, la chemioterapia e la radioterapia.

Ma la sfida è ancora da vincere, perché ad oggi circa la metà dei pazienti oncologici ancora non risponde a tale approccio. Per i malati in fase avanzata di tumore al polmone, però – circa 200.000 nei Paesi più industrializzati (Cina, Francia, Germania, Italia, Giappone, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti) nel 2015 – i risultati, accolti con grande interesse all’Asco, segnano sicuramente una svolta.

(dell’inviata Manuela Correra/ANSA)