Messico, truppe contro migranti. Ma resta minaccia dazi

Migranti trattenuti dalla Guardia Nazionale messicana al confine con il Guatemala.
Migranti trattenuti dalla Guardia Nazionale messicana al confine con il Guatemala. (ANSA/AP Photo/Marco Ugarte)

WASHINGTON. – Messico e nuvole. Le nuvole sono quelle dei dazi statunitensi che incombono sulla faccia triste dell’America, quella che prima emigrava negli Usa ed ora è costretta a schierare l’esercito per fermare l’esodo dei migranti centroamericani ancora più poveri verso l’american dream, sperando di sventare la minaccia di ‘Tariff man’.

Nei negoziati ancora in corso a Washington, il ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard si è giocato la carta di 6.000 uomini della Guardia nazionale da inviare al confine col Guatemala per arrestare il flusso di clandestini verso gli Usa, dopo il giro di vite che ha portato ad un aumento delle loro detenzioni. Ma per ora il Messico non si è sbilanciato su quella che sembra una priorità per Trump: un accordo per un “paese terzo sicuro”, che richiederebbe ai migranti centroamericani di chiedere asilo in Messico se passano attraverso quel Paese nel loro cammino verso gli Stati Uniti.

Al momento la Casa Bianca sembra irremovibile. “Sono stati fatti molti progressi, gli incontri sono andati bene ma per ora siamo ancora sulla strada delle tariffe da lunedì. La nostra posizione non è cambiata”, ha dichiarato la portavoce Sarah Sanders dall’Air Force One che ha riportato a casa Donald Trump dal suo lungo viaggio in Europa.

Più ottimista Mark Short, un alto collaboratore del vice presidente Mike Pence, che conduce i colloqui insieme al segretario di Stato Mike Pompeo. “Oggi c’è stata la notifica legale che da lunedì scattano i dazi ma penso ci sia la possibilità, se i negoziati continuano ad andare bene, che il presidente possa cambiare idea nel weekend”, quando esaminerà una serie di opzioni.

Non è escluso che Trump voglia introdurre la prima tranche di dazi al 5% sui 350 miliardi di dollari di export messicano per continuare a trattare da una posizione di forza e far vedere che il suo non era un bluff, come suggeriscono alcuni leader dem. La minaccia è quella di aumentare progressivamente le tariffe sino al 25% il primo ottobre, se il Messico non fermerà le crescenti ondate di migranti.

Il conto per il Paese confinante salirebbe da 17 miliardi a 86 miliardi di dollari. Ma i costi sarebbero scaricati anche sui consumatori americani, in aggiunta agli oltre 800 dollari l’anno che una famiglia media dovrà sostenere per i dazi al 25% imposti alla Cina.

Mentre comincia il countdown, la Casa Bianca esamina le basi legali della nuova mossa. Finora l’idea era quella di ancorarla alla International Emergency Economic Powers Act, una legge del 1977 che consente al presidente di prendere azioni unilaterali per fronteggiare “minacce inusuali e straordinarie” in tempi di emergenza nazionale.

Ma The Hill ha ottenuto una bozza per la dichiarazione di una nuova emergenza nazionale, dopo quella proclamata in febbraio. Un’opzione che appare rischiosa perché da un lato lascerebbe spazio alle sfide legali e dall’altro alimenterebbe ulteriormente l’opposizione del Congresso, dove cresce la fronda repubblicana contro i dazi al Messico con la minaccia di un imbarazzante voto contrario.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA)

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