Cina: la produzione industriale rallenta, minimi dal 2002

Operai lavorano in un laboratorio tessile cinese.
Operai lavorano in un laboratorio tessile cinese.

PECHINO. – L’economia cinese mostra altri segnali preoccupanti nel mezzo della guerra commerciale con gli Stati Uniti: la produzione industriale è cresciuta a maggio del 5% annuo, fermandosi a una soglia psicologica che è considerata come un allarme visto si tratta del passo più lento dal 2002. L’Ufficio nazionale di statistica ha parlato di “stabilità”, pur di fronte alla frenata dal 5,4% di aprile e al 5,5% atteso degli analisti. Anche perché non va molto meglio la rilevazione sui primi 5 mesi: +6%, lo 0,2% in meno su gennaio-aprile.

Il vicepremier Liu He, capo dei negoziati sul commercio con gli Usa, ha ammesso che “allo stato, ci sono pressioni esterne” che “ci aiuteranno a rafforzare l’auto-dipendenza sull’ innovazione e ad accelerare il passo dello sviluppo ad alta velocità”. Liu ha menzionato misure per le riforme e l’apertura del Paese verso l’esterno. Le sue sono le dichiarazioni ultime in ordine temporale finalizzate a rassicurare sull’economia.

La scorsa settimana, il governatore della Banca centrale cinese Yi Gang ha detto che ci sono ancora “tremendi” spazi di manovra per assestare l’economia in caso la guerra commerciale scivoli verso il peggio. E le attese sono di ulteriore liquidità in arrivo sui mercati, tra i tagli della riserva obbligatoria degli istituti e quelli di ultima istanza dei tassi d’interesse.

Del resto, la Banca centrale è già alle prese con gli sforzi per tenere lo yuan non troppo debole sul dollaro, evitando quota 7 che creerebbe più problemi che benefici nell’ipotesi di svalutazione competitiva. Gli altri dati manocroeconomici diffusi oggi hanno visto le vendite al dettaglio crescere a maggio dell’8,6% su base annua, in accelerata sul 7,2% di aprile e oltre le attese dei mercati pari all’8,1%, grazie al pacchetto di incentivi ad ampio raggio (ad esempio sulle auto ecologiche) che il governo ha varato per sostenere i consumi.

Gli investimenti in asset fissi sono saliti del 5,6% annuo nei primi 5 mesi del 2019, a 21.755 miliardi di yuan (3.150 miliardi di dollari), in calo sul 6,1% dei primi 4 mesi e sul 6,1% atteso dai mercati, in scia a scenari fumosi. Le possibilità di incontro sul commercio tra i presidenti Donald Trump e Xi Jinping a margine del G20 di Osaka di fine mese restano alquanto incerte e le nuove turbolenze in Medio Oriente tra Usa e Iran promettono nuova instabilità.

La migliore spia è la corsa dell’oro, uno dei beni rifugio per eccellenza: è salito oggi ai massimi degli ultimi 14 mesi, schizzando a 1.359,50 dollari l’oncia.

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