Primo sì al voto dei diciottenni per il Senato

Il tabellone con i risultati del voto sui vitalizi al Senato.
Il tabellone con i risultati del voto sui vitalizi al Senato.

ROMA. – Con un voto quasi all’unanimità è giunto il primo sì alla riforma costituzionale che permette ai diciottenni di votare anche per il Senato, oltre che per la Camera. E’ stata la Commissione Affari costituzionali di Montecitorio ad approvare, con la sola astensione di Fdi, un testo targato Pd-M5s, non previsto dal contratto di governo.

Sorgono invece i primi problemi per le due altre riforme che Lega e Pentastellati avevano inserito nel loro contratto: quella sul taglio dei parlamentari e quella sul referendum propositivo. La riduzione dell’età per poter votare per il Senato, da 25 a 18, parificandola a quella per la Camera, è una vera riforma elettorale e della forma di governo. In passato la diversità delle due platee elettorali ha spesso portato a due Camere con maggioranze diverse o in bilico (1994, 2006, 2013) provocando instabilità di governo.

La riforma, ha sottolineato Giuseppe Brescia, presidente della Commissione e firmatario della proposta di M5s, consentirà a 4 milioni di under 25 di votare. La proposta era stata presentata dai Pd Enza Bruno Bossio e Stefano Ceccanti, che chiedono di abbassare anche l’età per essere eletti a Palazzo Madama, da 40 a 25. In Commissione la proposta non è passata ma i Dem puntano a convincere in Aula la maggioranza.

Lo stesso obiettivo lo ha Fdi la cui proposta era ancora più radicale: bastano i 18 anni sia per votare che per essere eletti in entrambi i rami del parlamento. Il dialogo M5s-Pd ha portato questo secondo frutto, che fa seguito al primo, quando alla Camera il testo sul referendum propositivo è stato modificato accogliendo le proposte dei Dem.

Ma proprio il ddl sul referendum propositivo vede arrivare un ostacolo al Senato: La Lega ha presentato un emendamento con una proposta dirompente: abbassare il quorum anche per i referendum necessari per accorpare le Regioni o distaccarne una nuova con almeno un milione di abitanti (la mente corre alla Romagna, vecchio pallino dei leghisti), o per distaccare una Provincia o un Comune da una Regione per unirlo ad un’altra. Al netto del contenuto, la questione è che la Lega introduce un argomento non concordato.

Altra difficoltà arriva dal taglio dei parlamentari, anch’esso all’esame in Senato: Fi ha annunciato che non voterà più a favore, come fatto finora, il che fa sfumare il quorum dei due terzi, che consente di evitare il referendum confermativo.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)