Vaticano: “No a leggi che attaccano il segreto confessionale”

Confessioni all'aperto: un prete ed un fedele seduti su delle sedie nella navata di una chiesa.
Una confessione (Foto Sir)

CITTA’ DEL VATICANO. – La Santa Sede riafferma solennemente l’inviolabilità del segreto del confessionale, anche contro i tentativi di leggi dirette alla sua abolizione – come negli ultimi tempi in Australia e in Cile -, in particolare in relazione ai casi di abusi sessuali su minori appresi da confessori sotto il vincolo sacramentale.

“Ogni azione politica o iniziativa legislativa tesa a ‘forzare’ l’inviolabilità del sigillo sacramentale costituirebbe un’inaccettabile offesa verso la ‘libertas Ecclesiae’, che non riceve la propria legittimazione dai singoli Stati, ma da Dio – è il passaggio-chiave della relativa Nota della Penitenzieria apostolica, pubblicata in questi giorni -; costituirebbe altresì una violazione della libertà religiosa, giuridicamente fondante ogni altra libertà, compresa la libertà di coscienza dei singoli cittadini, sia penitenti sia confessori”.

La Nota, approvata il 21 giugno da papa Francesco, premette considerazioni sulla “‘bramosia’ d’informazioni” diffusasi negli ultimi decenni, “quasi prescindendo dalla loro reale attendibilità e opportunità”, al punto che “il ‘mondo della comunicazione’ sembra volersi ‘sostituire’ alla realtà, sia condizionandone la percezione, sia manipolandone la comprensione”. Da questa tendenza, “che può assumere i tratti inquietanti della morbosità, non è immune, purtroppo, la stessa compagine ecclesiale, che vive nel mondo e, talvolta, ne assume i criteri”.

Secondo la Penitenzieria apostolica, che è il supremo Tribunale della Curia romana, “troppo spesso sono rese note informazioni di ogni genere, attinenti anche alle sfere più private e riservate, che inevitabilmente toccano la vita ecclesiale, inducono – o quanto meno favoriscono – giudizi temerari, ledono illegittimamente e in modo irreparabile la buona fama altrui, nonché il diritto di ogni persona a difendere la propria intimità”.

In tale contesto, “sembra affermarsi un certo preoccupante ‘pregiudizio negativo’ nei confronti della Chiesa Cattolica”, anche “partendo dai recenti scandali di abusi, orribilmente perpetrati da taluni membri del clero”. Pregiudizio che “si traduce talvolta nell’ingiustificabile ‘pretesa’ che la Chiesa stessa, in talune materie, giunga a conformare il proprio ordinamento giuridico agli ordinamenti civili degli Stati nei quali si trova a vivere, quale unica possibile ‘garanzia di correttezza e rettitudine'”.

Ecco quindi, dopo pronunciamenti degli episcopati interessati, la Santa Sede intervenire per ribadire principi “che oggi sembrano diventati più estranei all’opinione pubblica e talvolta agli stessi ordinamenti giuridici civili: il sigillo sacramentale, la riservatezza connaturata al foro interno extra-sacramentale, il segreto professionale, i criteri e i limiti propri di ogni altra comunicazione”.

“L’inviolabile segretezza della Confessione proviene direttamente dal diritto divino rivelato – proclama la Nota – e affonda le radici nella natura stessa del sacramento, al punto da non ammettere eccezione alcuna nell’ambito ecclesiale, né, tantomeno, in quello civile”.

Al confessore, secondo il Codice di Diritto Canonico, “non è consentito, mai e per nessuna ragione, ‘tradire il penitente con parole o in qualunque altro modo’ (can. 983, comma 1), così come ‘è affatto proibito al confessore far uso delle conoscenze acquisite dalla confessione con aggravio del penitente, anche escluso qualunque pericolo di rivelazione’ (can. 984, comma 1)”.

Il sigillo sacramentale, perciò, si sottolinea, “riguarda tutto ciò che il penitente abbia accusato, anche nel caso in cui il confessore non dovesse concedere l’assoluzione: qualora la confessione fosse invalida o per qualche ragione l’assoluzione non venisse data, comunque il sigillo deve essere mantenuto”.

Infine, il sigillo esula “anche dalla disponibilità del penitente, il quale, una volta celebrato il sacramento, non ha il potere di sollevare il confessore dall’obbligo della segretezza, perché questo dovere viene direttamente da Dio”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)

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