Col proprio passo

Lo scatto di Marco Pantani sul Piancavallo.
Lo scatto di Marco Pantani sul Piancavallo.

Ricordo i pomeriggi di maggio e luglio trascorsi a guardare il Giro d’Italia e il Tour de France. Ricordo gli scatti di Pantani che infiammavano la corsa e la rendevano più appassionante. Ricordo il commento del telecronista che metteva in guardia gli inseguitori di turno dal rispondere agli arrembaggi del Pirata. L’unica strategia per gli inseguitori era mantenere la calma, continuare a pedalare e non affannarsi per raggiungere il più forte degli scalatori. Non tutti, però, erano capaci di continuare la loro azione salendo col proprio passo; qualcuno si faceva prendere dal desiderio di accorciare subito le distanze e, magari, in principio ci riusciva pure, ma poi, allo scatto successivo era costretto ad arrendersi e capitolava.

Naturalmente, io facevo il tifo per Pantani ed era una gioia vederlo arrivare tutto solo al traguardo dopo un’incredibile salita. Ma al termine di quelle tappe, ogni ciclista era per me un vincitore: essere arrivato al traguardo dopo aver affrontato un percorso così faticoso, era una vittoria, a prescindere dal piazzamento in classifica!

Penso che anche nella vita sia importante salire col proprio passo, andare decisi verso la meta, ma senza affannarsi. Il mio non vuole essere un incoraggiamento a camminare come vogliamo, ma un invito a cercare il passo giusto, quello consentito dalle capacità e dalle forze che ciascuno ha.

In questa ricerca possiamo essere aiutati da un buon allenatore, ma anche dalle persone che abbiamo intorno; infatti, l’altro, con cui entriamo quotidianamente in relazione, ci aiuta a conoscerci.

Nella relazione con l’altro, scopriamo lati di noi che altrimenti non potremmo conoscere: se fossi l’unico abitante di un’isola, potrei pensare di essere il migliore degli uomini e potrei attribuirmi tutti i pregi e nessun difetto, dato che nessuno potrebbe smentirmi. Ma se un altro venisse a condividere con me la vita sull’isola, nella relazione con lui emergerebbero pregi e difetti di entrambi.

Il nostro passo non è quello che, di volta in volta, ci va di tenere, ma quello che possiamo tenere: uno scalatore non va al passo di un velocista …

Può capitarci di non riuscire a tenere il passo di altri, ma, in tal caso, è bene non lasciarci andare a pensieri che ci abbattono o ci spingono alla resa:

«Non sarò mai capace di raggiungerlo!».

«Non sarò mai come lui!».

«Non saprò mai fare le cose come le fa lui!» …

L’esempio buono degli altri deve essere, invece, un costante incoraggiamento a dare tutto quel che siamo, a mettercela tutta!

In un tempo in cui quasi tutto è ad alta velocità, potrei essere tentato di inventare un’evangelizzazione ad alta velocità, dove le iniziative si susseguono a ritmi elevati e non c’è più la possibilità di fissare lo sguardo sui volti delle persone; come quando, viaggiando in treno, si attraversa una stazione e si vedono scorrere le persone sulla banchina senza riuscire a distinguerne bene le figure.

Aiutami, Signore, a saper accordare il mio passo a quello dell’uomo che incontro lungo il cammino, per avere il tempo di guardarlo negli occhi, riconoscerlo e raccontargli la buona notizia.

don Gian Luca