Governo di transizione, mossa di Renzi e tentazioni M5s

Da sinistra: Il ministro dellEconomia Giovanni Tria, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro del Lavoro dello Sviluppo economico e vicepremier Luigi Di Maio e il ministro dellInterno e vicepremier Matteo Salvini al termine della conferenza stampa del vertice sulla manovra economica del Governo a palazzo Chigi.
Da sinistra: Il ministro dellEconomia Giovanni Tria, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, il ministro del Lavoro dello Sviluppo economico e vicepremier Luigi Di Maio e il ministro dellInterno e vicepremier Matteo Salvini al termine della conferenza stampa del vertice sulla manovra economica del Governo a palazzo Chigi, Roma, 03 ottobre 2018. ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – La via è strettissima, piena di insidie. Si chiama “governo di transizione”: un esecutivo guidato da una figura terza, per mettere al riparo i conti con una manovra, fare il taglio dei parlamentari e una legge elettorale proporzionale. E, sul piano politico, prendere in contropiede Matteo Salvini.

Ad ora è solo una suggestione, che circola negli ambienti parlamentari. Ma Matteo Renzi sarebbe pronto a mettere in campo questa idea e, nonostante il no deciso di Nicola Zingaretti, un pezzo di Pd potrebbe seguirlo. Ma l’iniziativa potrebbe anche piacere ai tanti pentastellati che negli ultimi giorni avrebbero cercato un canale di dialogo con i Dem.

Il primo tempo della crisi politica si aprirà lunedì al Senato: i capigruppo dovranno decidere se convocare i senatori il 14 agosto, come chiede Salvini (ma ci sarebbe un’oggettiva difficoltà a mettere in moto la macchina parlamentare) o, come preferiscono Pd, M5s e gruppo Misto, la settimana che si apre il 19.

La seduta dovrebbe iniziare con le comunicazioni del premier Giuseppe Conte e M5s potrebbe presentare una risoluzione a suo sostegno, ma la Lega chiede che si voti prima la sua mozione di sfiducia e il Pd che ancor prima si voti la sfiducia a Salvini (ma tra i Dem si ipotizza che il leader leghista si dimetterebbe prima).

Si annuncia battaglia. E, nel silenzio di Palazzo Chigi, si attendono di capire le mosse di Conte, che sta scrivendo il suo discorso al Parlamento. Non si sa se deciderà davvero di farsi sfiduciare o dopo aver parlato andrà direttamente a dimettersi.

Se, come appare probabile, Conte rifiuterà di restare a gestire gli affari correnti da dimissionario (e farà così decadere anche Salvini dal Viminale), potrebbe aprirsi la strada a un governo di garanzia che traghetti il Paese al voto. Ma è in questo varco che proverebbe a inserirsi il tentativo di dar vita piuttosto a un esecutivo di transizione.

L’emergenza sarebbe mettere in sicurezza i conti. La spinta potrebbe arrivare lunedì da una eventuale tempesta sui mercati. E i fautori del governo di transizione potrebbero far leva sulla volontà del presidente Mattarella di garantire la tenuta dei conti, proponendo di non andare al voto senza una manovra che eviti l’aumento dell’Iva.

E’ la linea della responsabilità. Che dentro il Pd potrebbe essere rilanciata da Renzi e vedrebbe favorevoli Dario Franceschini, Lorenzo Guerini, Matteo Orfini e una truppa di parlamentari. Si potrebbe fare, se aderissero i Cinque stelle, magari in nome della necessità di condurre in porto il taglio dei parlamentari, oltre che la sinistra, alcuni forzisti e chi, come il deputato di +Europa Alessandro Fusacchia, è convinto che non si debbano lasciar dettare i tempi della crisi e del voto a Salvini ma “offrire a Mattarella un’alternativa”.

Dal M5s dicono no a ogni ipotesi di accordo con Renzi ma lunedì raccoglieranno le firme per convocare la Camera per il taglio dei parlamentari, che rinvierebbe il voto di almeno sei mesi. E ci sarebbero contatti in corso tra pentastellati, soprattutto quelli vicini a Roberto Fico, e Dem.

Beppe Grillo avrebbe aperto, spiega qualcuno, alla possibilità di un terzo mandato per chi ha iniziato questa legislatura, per evitare che tornino a casa tutti i ministri. Ma tra i parlamentari è forte il timore di non essere rieletti: di un’ipotesi di governo di transizione si potrebbe parlare nell’assemblea di lunedì.

Dal Nazareno ricordano che quindici giorni fa la direzione Pd ha votato all’unanimità contro ogni alleanza col M5s: Nicola Zingaretti e Paolo Gentiloni sono contrari a un’idea del genere che, come ammette qualche renziano, avrebbe un “costo politico molto alto” e rischia di lacerare il Pd.

“E’ incomprensibile come Renzi possa passare dai pop corn e dal #senzadime al #tipregoconme rivolto ai Cinque stelle: è chiaro che sta cercando di prendere tempo per creare un suo partito”, dice un parlamentare vicino a Zingaretti. Se ne parlerà probabilmente lunedì nell’assemblea al Senato, anche se Renzi non ci sarà.

C’è chi ragiona già del futuro, di Carlo Calenda o Paolo Gentiloni possibili candidati premier, se come pare Zingaretti resterà solo segretario. E di possibili primarie che vedano in campo Renzi. Prima, però, potrebbe svolgersi un’altra partita.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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