Pd e M5S trattano per governo, ma ombra Salvini e renziani

Conte con Salvini e Di Maio
Conte con Salvini e Di Maio ANSA/ANGELO CARCONI

ROMA. – “I canali con M5S sono sempre aperti, da più parti, nonostante pressioni e manovre per far fallire la trattativa”, dice una fonte parlamentare Pd appartenente a quei settori che nel dialogo con i cinquestelle credono da tempo.

Il confronto tra acerrimi nemici di ieri secondo alcuni sarebbe a buon punto, ma vari fattori intervengono a complicarlo. Da un lato Matteo Salvini che cerca di recuperare terreno dopo gli errori sui tempi della crisi, rinfacciatigli dai suoi; dall’altro i renziani che non gradiscono troppo il governo di legislatura, preferito dalla maggioranza che sostiene Nicola Zingaretti.

Una partita dentro il Pd che si affianca a quella tra M5S e dem e all’altra tra Lega e cinquestelle. Un ginepraio in cui il leader democratico prova a districarsi affidandosi a Sergio Mattarella, affinché sia il presidente in sede di consultazioni a indicare semmai ai partiti la strada di un esecutivo europeista e di lunga durata.

Zingaretti deve infatti fare i conti con i gruppi parlamentari prevalentemente renziani. Matteo Renzi, che pure ha proposto per primo, scavalcando il segretario, il governo istituzionale (di breve durata), accrediterebbe – secondo diverse fonti dem – la voce di un Salvini che offre a Luigi Di Maio Palazzo Chigi.

“Noi stiamo alla finestra adesso – afferma una fonte -, vediamo cosa vogliono fare i cinquestelle”. “Non si capisce più se c’è la crisi di governo o se Lega e 5 Stelle hanno fatto la pace in nome delle poltrone – fanno sapere dalla segreteria Pd -. Prepariamoci al voto senza paura se Salvini e Di Maio ci portano alle urne. Se ci sono condizioni per un’altra maggioranza le verificheremo insieme al Presidente Mattarella nelle consultazioni”.

In questa situazione oggettiva di caos, spunta anche l’ipotesi di un governo di scopo con l’obiettivo di varare la manovra economica e poche altre cose mirate, con l’appoggio di tutti i grandi partiti, tranne la Lega. Una opzione gradita al cosiddetto “partito del non voto”, un blocco numeroso ma che potrebbe esprimere una tale soluzione al Colle solo in determinate condizioni.

Prima tra tutte lo stop all’Esecutivo Pd-M5s. Ma anche nel caso in cui fallisse qualsiasi tipo di trattativa tra Forza Italia e Lega sui futuri collegi elettorali e la composizione di un eventuale governo di centrodestra. Una possibilità non molto remota ma frenata dalle forti divisioni interne al partito azzurro.

Intanto il dem Graziano Delrio prova a definire il metodo con cui svolgere la trattativa con M5S: contratto scritto alla tedesca, con focus su salario minimo – da modificare tenendo conto della rappresentanza sindacale – e reddito di cittadinanza, da migliorare. Due bandiere del MoVimento. E poi investimenti, taglio alle tasse sul lavoro ed economia verde, temi su cui la convergenza con i cinquestelle è plausibile.

In un secondo tempo si parlerebbe di nomi per l’esecutivo giallorosso. Delrio però indica anche una strada che porta alla direzione del 21, mercoledì prossimo – il giorno dopo le comunicazioni di Giuseppe Conte al Senato – per la sintesi che Zingaretti dovrà fare. E dipenderà anche da quello che il premier dirà e farà. Un’altra partita nella partita.

Il professore, secondo quanto trapela, non ha ancora deciso la linea da tenere, se dimettersi o meno, se andare ancora all’attacco di Salvini come ieri sui migranti, oppure adottarne una più morbida e attendista. Conte aspetterà di sapere se la Lega presenterà la risoluzione contro di lui, di fatto sfiduciandolo.

Quest’ultima sembra una soluzione abbastanza plausibile anche se nessuno ci mette al momento la mano sul fuoco. ipotizzando anche un Salvini più attendista.

Sul fronte M5S, rigettate come fake news le voci di un Salvini pronto a dare la presidenza del Consiglio a Di Maio, da un lato si tratta con il Pd, ma dall’altro si valuterebbe il prezzo da far pagare al ministro dell’Interno in cambio di una ipotetica, e al momento assai remota, ricomposizione.

Prezzo che sarebbe salato, ad esempio un maxi rimpasto a vantaggio del MoVimento, in un clamoroso rovesciamento dei rapporti di forza in appena una settimana. Una complessa partita a scacchi in cui i giocatori sono ben più di due. E con l’arbitro, il presidente Mattarella, già pronto, rientrato a Roma, ad aprire la partita.

(di Luca Laviola/ANSA)