Crisi Governo: sospetti e divisioni interne, Pd e M5S partono lenti

Membri del Partito Democratico (PD) Andrea Marcucci e Graziano Delrio incontrano i meddi di comunicazione dopo l'incontro con i delegati del M5s.
Membri del Partito Democratico (PD) Andrea Marcucci e Graziano Delrio incontrano i meddi di comunicazione dopo l'incontro con i delegati del M5s. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – E’ il giorno del primo contatto “fisico” tra M5S e Pd ma è il giorno, anche, in cui fioriscono sospetti reciproci e divisioni interne. L’incontro tra le due delegazioni, al di là delle dichiarazioni alle tv, è davvero positivo. In fondo, dal punto di vista programmatico le convergenze sono emerse. Ma manca la “mano” dei due leader, Nicola Zingaretti e Luigi Di Maio.

Per ora, tra loro, solo contatti informali, via sms. E l’impressione è che, prima di lunedì, i due leader non si siederanno al tavolo. Con un sospetto che circola tra i Dem: l’ambiguità del capo politico M5S potrebbe nascondere il fatto che il forno con la Lega sia tutt’altro che chiuso.

Al tavolo della Sala Siani le due delegazioni (Delrio, Marcucci e Orlando da un lato; D’Uva, Patuanelli, Perilli e Silvestri dall’altro) per circa due ore parlano di temi, come quello ambientale, particolarmente caro a Grillo. Sul tavolo solo caffè e acqua, e tanti fogli sparsi ricchi di punti e proposte. Ma, per rompere il ghiaccio, si parla di taglio dei parlamentari.

“Su questo volevamo rassicurazioni, il resto viene dopo”, racconta uno dei partecipanti al tavolo del M5S. E sulla pietra miliare senza cui per Di Maio il dialogo neanche può iniziare le posizioni sono meno lontane di quel che appare. Anche perché, in comune, M5S e Pd avrebbero un obiettivo: rilanciare una riforma elettorale che viri sul proporzionale, “uccidendo”, così, la prospettiva di un centrodestra pigliatutto.

Il clima, insomma, è disteso. “E’ un anno che lavoriamo insieme per organizzare il lavoro dell’Aula. Figuriamoci, nessun imbarazzo”, sottolinea una fonte del M5S che ha partecipato all’incontro. Ma al tavolo mancano i pezzi forti, i due leader, e il nodo più spinoso, quello che solo Di Maio e Zingaretti possono sciogliere: il premier.

Su questo punto nel M5S c’è una certezza: non può sceglierlo il Pd. Il tema è che, anche nel Movimento, la linea non è compatta. E il post in cui Beppe Grillo “eleva” Giuseppe Conte al suo stesso livello contiene un duplice messaggio ai suoi: allontanarli da qualsiasi tentazione leghista che vedrebbe, tra l’altro, Di Maio premier; e riunire il Movimento attorno ad una figura che, per qualcuno, forse è diventata troppo ingombrante.

Del resto, a riprova che del premier né il M5S né il Pd hanno fatto cenno c’è una ridda di nomi “terzi” che circola: da Enrico Giovannini a Marta Cartabia, da Paola Saverino a Franco Bernabé. Con una suggestione, tutta pentastellata, emersa in queste ultime ore: Chiara Appendino. Ipotesi, ruomors, nulla di più.

Più concreta la volontà dei due interlocutori di fare un governo di ministri “politici”. Così come concreta sarebbe l’apertura di Alessandro Di Battista ad un suo ingresso nel governo (direzione Affari Ue) che, per i dimaiani, sarebbe anche propedeutico a smussare le posizioni del “dibba”. Anche perché l’ex deputato sembra preferire il voto sebbene l’uscita del suo post del pomeriggio, spiegano fonti del M5S, sia stato concordata con i vertici pentastellati.

Ma le divisioni segnano anche i Dem e lo si vede anche dai report del primo incontro con il M5S. Con Andrea Marcucci che ha raccontato ai renziani il buon esito del vertice e i zingarettiani che, al contrario, restano prudenti. I contatti interni ai Dem, in queste ore, sono frenetici e avrebbero coinvolto anche Zingaretti e Renzi.

Ma il dubbio, tra chi nel Pd predica prudenza, è soprattutto legato a Di Maio: il leader è isolato al suo interno? Il suo alzare la posta è tattica o la premesse a un nuovo accordo con la Lega? Finché i due leader non si vedranno dubbi e sospetti prevarranno.

Con Matteo Salvini pronto a rilanciare l’offerta di un governo giallo-verde con Di Maio premier e lui vice. Ma, raccontano nel Movimento, al momento l’offerta non “buca”: Di Maio, in queste ore, si gioca una leadership più che un posto nell’esecutivo.

(di Michele Esposito/ANSA)

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