Autostrade e superticket, per Conte già i primi scogli

Autostrade
Caselli per il pago del pedaggio all'autostrada. (autostrade.it)

ROMA. – L’alleanza è cambiata, il nuovo governo ha appena giurato, ma sulla strada di Giuseppe Conte si parano già i primi ostacoli. Per nulla nuovi: autostrade da una parte e superticket dall’altra.

Quasi in un deja vu, il dilemma tra revoca o revisione delle concessioni è tornato a spaccare il fronte della maggioranza, anche se gli attori sono in parte cambiati e stavolta non è la Lega a frenare, ma il Pd, in primis la ministra delle Infrastrutture, Paola De Micheli, appena insediata al posto dell’intransigente, Danilo Toninelli.

A lei si deve la riapertura immediata dell’affaire concessioni e il primo scontro con il 5S Mario Giarrusso, che senza mezzi termini chiede ai dem un bagno di umiltà e si dice pronto a non votare la fiducia in Senato se la parola d’ordine del governo non sarà unívocamente revoca.

Una bella grana per Giuseppe Conte proprio in quel Senato dove i numeri sono tanto stretti da rischiare di tradirlo. Il premier avrà tempo fino a martedì per cercare ancora una volta un compromesso capace di ricompattare lo schieramento appena nato.

Il superticket riporta invece un po’ più indietro nel tempo, alla manovra 2018, quando governo e Parlamento tentarono di abolirlo, ma invano causa assenza di coperture.

Il fatto è che tra stanziamenti per la casa, risorse per la sanità, soldi per la scuola e finanziamenti per la svolta green dell’economia, i neo-ministri del Conte-bis freschi di giuramento hanno già iniziato a stilare la lista delle loro richieste per la prossima legge di bilancio, ora a rischio rapida lievitazione.

La base di partenza da 30-33 miliardi per il bilancio 2020 è già piuttosto alta e rappresenta di per sé una bella sfida per il titolare del Tesoro Roberto Gualtieri. Al disinnesco delle clausole Iva da 23 miliardi, si affiancano le spese indifferibili da circa 3-4 miliardi e il possibile intervento (probabilmente nell’ordine dei 5-6 miliardi perché sia quanto meno percettibile in busta paga) sul cuneo fiscale dei lavoratori, inserito tra le priorità dei giallorossi.

Ma il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha battuto i pugni sul tavolo, invocando almeno 3 miliardi per la scuola e l’università, da coprire con una tassa sulle merendine poco salutari, e minacciando a mezzo stampa – ancor prima di giurare al Quirinale – di dimettersi se non li otterrà.

Luigi Di Maio ha già riunito i suoi alla Farnesina per fare il punto sui provvedimenti in sospeso e su quelli da mettere in campo, mentre Roberto Speranza ha alzato il tiro sulla sanità.

Da parlamentare l’unico rappresentante di Leu al governo aveva chiesto in una proposta di legge di rifinanziare il patto per la salute, portandolo dai 116 miliardi e mezzo previsti nel 2020 (già in aumento rispetto ai 114,5 miliardi di quest’anno) a 118 miliardi.

Da ministro l’idea in più è quella di abolire il superticket da 10 euro sulle ricette per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale. Un tentativo portato avanti da governo e Parlamento già con la manovra 2018,  conclusosi con la nascita di un fondo strutturale da 60 milioni l’anno per agevolare l’accesso alle prestazioni sanitarie a “specifiche categorie di soggetti vulnerabili”.

Poca cosa rispetto agli oltre 800 milioni di valore calcolato al 2011. Il problema allora fu quello di trovare le coperture, che il ministro oggi però indica nella riduzione della quota di interessi passivi deducibili per le banche.

Sul tavolo ci sono poi gli incentivi green sponsorizzati da Sergio Costa e su cui l’intero governo sembrerebbe convergere. Gli investimenti nell’ambiente, da declinare in varie forme, potrebbero rappresentare infatti la carta da giocare a Bruxelles nella richiesta di maggiore flessibilità sul deficit.

Alla casa e alle periferie guarda invece, senza fare cifre, la De Micheli. “possiamo sbloccare lavori, posti di lavoro, qualità di abitare – spiega – investendo risorse anche in procedure semplificate”.

(di Mila Onder/ANSA)

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