Stadi chiusi alle donne in Iran, tifosa si dà fuoco e muore

Tifose iraniane sugli spalti dello stadio sventolano la bandiera iraniana durante una partita della nazionale.
Tifose iraniane sugli spalti dello stadio sventolano la bandiera iraniana durante una partita della nazionale. (ANSA)

ISTANBUL. – Sui social la chiamavano “la ragazza in blu”, come il colore della sua squadra del cuore, l’Esteghlal di Teheran. Una passione per il calcio frustrata in Iran dall’esclusione delle donne dagli stadi, imposta dopo la Rivoluzione islamica del 1979. Un divieto che Sahar Khodayari ha sfidato fino alla morte.

La 30enne tifosa è deceduta per le gravi ustioni riportate sul 90% del corpo dopo essersi data fuoco la scorsa settimana davanti a un tribunale di Teheran. Un gesto compiuto dopo essersi sentita dire che rischiava sei mesi di prigione per aver realizzato il suo sogno: entrare allo stadio Azadi della capitale iraniana per una partita dell’Esteghlal, allenato ora dall’italiano Andrea Stramaccioni, coinvolto in una recente polemica con il club per un visto scaduto che l’ha bloccato nel Paese.

Era il 12 marzo scorso quando la polizia religiosa degli ayatollah ha fermato Khodayari allo stadio, avvolta in un lungo soprabito e con in testa una parrucca blu – sempre in omaggio alla sua squadra – per cercare di mimetizzarsi tra gli uomini. A tradirla è stata forse anche una sua foto sulle tribune inviata alla sorella.

Quel giorno, la sua squadra sfidava gli emiratini dell’Al Ain nella Champions League asiatica. Ma per lei la partita s’è interrotta. Qualcuno l’ha notata ed è stata fermata. Dopo aver trascorso tre notti nel carcere femminile di Gharchak Varamin a Teheran – pessima fama tra le ong quanto a condizioni di detenzione – era stata rilasciata, ma le era stato sequestrato il cellulare. Quando è andata a farselo restituire, ha saputo che in prigione rischiava di tornarci e non ha resistito.

La magistratura iraniana precisa che una sentenza non era ancora stata emessa, mentre sull’onda delle polemiche la vicepresidente con delega alle Donne e alla Famiglia, Massoumeh Ebtekar, ha chiesto di aprire un’inchiesta sulla morte. Nei giorni scorsi non erano mancati i tentativi di delegittimarla, parlando del gesto di una squilibrata perché la donna avrebbe sofferto di disturbi bipolari. Ma il caso ha suscitato forte indignazione sui social e riportato in primo piano le polemiche sul divieto.

La Fifa ha ripetutamente chiesto a Teheran passi avanti verso una liberalizzazione, ma le aperture sono state finora di facciata. Come agli ultimi Mondiali, quando alcune tifose hanno seguito la nazionale in trasferta in Russia, o lo scorso novembre per la finale della Champions asiatica, disputata dal Persepolis allo stadio di Teheran, dove sono potute entrare ma solo su invito e in un settore dedicato.

Il mese prossimo, per le qualificazioni ai Mondiali contro la Cambogia, le donne potrebbero essere di nuovo ammesse. La polemica però infuria. E anche alcune star del calcio locale si sono schierate. L’ex giocatore del Bayern Monaco Ali Karimi – 127 partite con la nazionale – ha invitato i tifosi a boicottare gli stadi, mentre Andranik Teymourian, primo capitano cristiano dell’Iran, ha auspicato di vedere un giorno uno stadio a Teheran intitolato a Khodayari.

(di Cristoforo Spinella/ANSA)

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