Slitta il taglio dei parlamentari, dubbi del Pd sul proporzionale

Il tabellone elettronico della Camera con i risultati della votazione mentre i deputati Pd mostrano cartelli di protesta.
Il tabellone elettronico della Camera con i risultati della votazione mentre i deputati Pd mostrano cartelli di protesta. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – La voce alta di Romano Prodi in favore del maggioritario e contro il ritorno al proporzionale, che si aggiunge a quella identica di Valter Veltroni martedì sera, fa aumentare imbarazzi e incertezze nel Pd riguardo alla riforma elettorale in chiave proporzionale. Scelta che tra l’altro suscita interrogativi allo stesso segretario Nicola Zingaretti, mentre dirigenti come Dario Franceschini la considerano inevitabile o addirittura la sposano, come Matteo Renzi.

Intanto nel primo passaggio parlamentare dopo la nascita del Conte 2, M5s fa una mossa distensiva verso i nuovi alleati, dando il via libera allo slittamento dell’ultimo voto in Aula alla Camera sulla legge che taglia i parlamentari. A proposito di quest’ultima legge, a cui Pd e Leu hanno sempre votato contro, nel programma di governo è stato scritto che venisse inserita “nel primo calendario utile” della Camera e che venisse accompagnata da una legge elettorale e riforme costituzionali che “garantiscano la rappresentanza”.

In mattinata la Conferenza dei capigruppo della Camera ha evitato di inserire questa riforma “nel primo calendario utile”, vale a dire a settembre. Se ne riparlerà a ottobre dando modo al Pd di concludere la propria riflessione sulla legge elettorale.

Nel programma non si parla esplicitamente di sistema proporzionale, ma, rileva Federico Fornaro, capogruppo di Leu, implicitamente è così. Infatti se si effettua un taglio lineare di deputati (da 630 a 400) e senatori (da 315 a 200) e si mantiene un sistema misto come il Rosatellum, partiti del 10% rischierebbero di rimanere fuori dal Senato, o di eleggere un senatore solo nelle regioni più popolose.

Un sistema proporzionale garantirebbe i partiti minori ma anche l’eventuale nascita di un partito di Renzi o Calenda. Motivo che secondo alcuni spiega il sì dei renziani duri e puri, a un modello del genere. Anche l’area vicina a Franceschini considera come implicita nell’accordo con M5s l’adozione del proporzionale.

Anche esponenti da sempre pro maggioritario come Stefano Ceccanti (nei primi Anni Novanta tra i promotori dei referendum elettorali) considerano inevitabile la svolta proporzionale anche per sterilizzare la possibilità di vittoria di Matteo Salvini e il suo disegno di uscire dall’Euro.

Ma il padre dell’Ulivo e del Pd, Prodi, ha ribadito il suo credo: “Io dico che il Paese si regge solo nella continuità che può dare il maggioritario. L’Italia ha bisogno del maggioritario per avere continuità di governo”. “Ci sarà tempo per discutere, non c’è nessuna decisione presa” ha detto Zingaretti.

Quanto alle obiezioni di Prodi e Veltroni, “sono molto condivisibili – ha aggiunto – dovremo discutere con grande attenzione. Anche se purtroppo non è vero che il maggioritario garantisce stabilità. Io non ho la soluzione finale però trovo saggio che di fronte al taglio dei parlamentari si apra una riflessione sulla legge elettorale”. Anche perché una eventuale “scissione” di Renzi, anche se ruberà pochi parlamentari, cambierebbe la natura del Pd.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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