In Tunisia la sfida è tra i due candidati antisistema

Salva Smaoui, moglie del candidato magnate della tv Nabil Karoui, ora incarcerato,fa il segno della vittoria con un poster del marito. (noticias.allianzanews.com)

TUNISI. – “Un’insurrezione elettorale”, “uno scossone al sistema”. Il giorno dopo il voto, i commentatori tunisini leggono così l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali: al ballottaggio si sfideranno il giurista indipendente Kais Saied e il magnate tv Nabil Karoui, in carcere dal 23 agosto scorso con l’accusa di riciclaggio ed evasione fiscale.

I risultati ufficiali hanno infatti confermato le anticipazioni degli exit poll, con la sconfitta dei partiti tradizionali e il crollo dell’affluenza alle urne, chiaro messaggio di disaffezione alla politica da parte dei cittadini.

Ha vinto il conservatorismo da una parte (Saied) e il populismo dall’altra (Karoui). Hanno trionfato i candidati antisistema, coloro che sono riusciti ad intercettare il malcontento e riempire il vuoto lasciato dalla famiglia centrista, dalla sinistra e anche dai partiti islamici, tutti incapaci di dare risposte dirette ai bisogni dei tunisini in un periodo di grave crisi economica.

Ma ora si pensa già al secondo turno, così molti analisti si interrogano sul successo del fenomeno Kais Saied. “Sono un candidato indipendente, non rappresento nessuna delle parti. Sto facendo la mia campagna da solo e rifiuto qualsiasi aiuto”, aveva annunciato il professore giurista in campagna elettorale.

E la sua impostazione ha pagato. “Dobbiamo accettare le regole del gioco, ma non il sistema”, aveva rincarato la dose nei talk show televisivi e nelle piazze del Sud povero del Paese, facendo presa soprattutto sui giovani delusi dalle promesse mai mantenute della rivoluzione del 2011.

Classe 1958, costituzionalista, indipendente, soprannominato Robocop per il suo arabo forbito senza alcuna inflessione, Saied è riuscito a parlare alla gente proponendo un programma di misure sociali. Identitario e nazionalista, si dichiara contrario all’abolizione della pena di morte, alla depenalizzazione dell’omosessualità e al progetto di legge sulla parità uomo-donna in tema ereditario.  Oltre a definirsi musulmano “non islamista”.

Senza un partito alle spalle, propone un programma di risanamento delle istituzioni statali e ha in mente un progetto di ridistribuzione del potere centrale che prevede il parlamento eletto dai consigli locali.

Anche Karoui ha saputo parlare alla gente, specie alle donne e agli anziani, le categorie che lo hanno votato in maggioranza, e per i suoi arrivare al ballottaggio è già una vittoria. 56 anni, patron di Nessma Tv, ha costruito la sua popolarità oltre che con la televisione anche percorrendo in lungo e in largo il paese e distribuendo aiuti con la sua associazione caritativa Khalil Tounes, diventando una sorta di catalizzatore di solidarietà sociale.

“Karoui ama il popolo, ama i poveri”, diceva di lui la gente fuori dai seggi. Per la classe popolare, osservano gli analisti, Karoui non estorce i voti ai poveri ma è uno che tenta di compensare le lacune dello Stato. Uno Stato che non è riuscito a dare a loro ciò che desideravano.

Si scontreranno dunque al ballottaggio due visioni diverse di Stato. Conservatorismo contro populismo: un puro prodotto dell’Università tunisina contro un affermato self-made man riconvertito dopo la morte del figlio alla causa sociale. Già da ora si sta discutendo delle possibili alleanze in vista del voto finale: il campo islamista con Saied, i progressisti con Karoui, ma le cose potrebbero complicarsi.

Il duello inedito inoltre si svolge con la particolarità che uno dei due contendenti si trova in carcere: “Speriamo che sarà liberato domani e potrà condurre una campagna elettorale regolare”, ha auspicato la moglie Salwa Smaoui. Saied ha detto che continuerà a fare le stesse cose del primo turno, “sulla via dell’integrità e della serietà”.

La sfida tra i due, la cui data resta da fissare, al più tardi il 13 ottobre, ridisegnerà comunque in maniera radicale il paesaggio politico tunisino e in qualche modo anche i rapporti della Tunisia con gli altri Paesi della regione.

(di Paolo Paluzzi/ANSA)

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