Alleanza Pd-M5S e scissione Renzi, due nodi per il governo

Matteo Renzi con una mano sulla spalla di Nicola Zingaretti
Nicola Zingaretti e Matteo Renzi in una foto d'archivio

ROMA. – Sette giorni per accelerare, in maniera definitiva, sul primo patto elettorale M5S-Pd. Lo scenario è quello delle Regionali dell’Umbria e le parti, dopo la lettera di Luigi Di Maio a La Nazione, sembrano viaggiare su binari molto vicini. Con un’incognita, tuttavia, al momento irrisolta: il profilo del candidato. Su questo tema la linea del M5S è netta: ad unire Dem e pentastellati può essere solo un esponente della società civile, totalmente a-partitico.

Il tema è caldo, anche perché, sul voto del 27 ottobre incombe l’ombra dell’addio di Matteo Renzi al Pd. Un piccolo terremoto nell’universo Dem. Terremoto al quale, in queste ore, anche il premier Giuseppe Conte guarda con una certa attenzione.

Il premier, al momento, mostra totale tranquillità ed è concentrato su una settimana che sarà segnata dall’incontro con i sindacati sulla manovra e dal faccia a faccia con Emmanuel Macron. Ma è innegabile che i due eventi – la prossima, probabile, scissione dei renziani e l’esito del voto in Umbria – rischiano di avere ripercussioni sulla tenuta di un governo nato solo pochi giorni fa.

Il laboratorio umbro, del resto, farebbe da apripista ad alleanze giallo-rosse nella altre Regioni chiamate al voto nei prossimi mesi, Emilia-Romagna (dove il M5s non accetterà la ricandidatura di Bonaccini) e Calabria innanzitutto. Certo, molto dipende dai sistemi elettorali di ciascuna Regione, e dal tessuto locale dei due partiti. Che in Umbria, rispetto alla coalizione di centrodestra, partono in salita.

Il passo di Di Maio verso il Pd non ha entusiasmato tutti nel Movimento. Gianluigi Paragone, ancora oggi, con chiaro riferimento all’ipotesi della candidatura comune di Brunello Cucinelli, su facebook scriveva: “Cashmere a 5 Stelle? Anche no…Torniamo a temi forti sui diritti, dall’articolo 18 alle false cooperative. E basta ambiguità sul caro bollette…”.

E c’è chi, senza manifestare apertamente il suo dissenso, avrebbe preferito che la sperimentazione delle alleanze partisse un po’ più in là, magari con il voto in Emilia-Romagna. Ma Di Maio, sull’onda della formazione del governo giallo-rosso, ha optato per una netta accelerazione. E, spiegano fonti del Movimento, non si esclude che la trattativa possa essere chiusa entro la settimana.

Di Maio, non a caso, in queste ore è in costante contatto con i parlamentari umbri e i referenti locali del Movimento, a partire da Andrea Liberati, l’uomo dei Cinque Stelle a Perugia e dintorni. C’è da trovare il candidato, però. E su questo, al momento, lo stallo è totale. Tramontata l’opzione Cucinelli il M5S torna a far filtrare il suo netto “no” a Andrea Fora, il candidato civico inizialmente scelto dal Pd. Il motivo è pressoché uno: Fora, per il Movimento, è troppo legato al Pd.

“Presidente della Regione e membri della Giunta devono essere tassativamente espressioni della società civile, i simboli del Pd e del M5S non devono comparire”, è la conditio sine qua non che ribadiscono nel Movimento. Ma la trattativa prosegue e, a portarla avanti in questa fase attraverso i loro sherpa, sono Di Maio e Nicola Zingaretti.

Il ministro degli Esteri, nel frattempo, è tornato a riunire, questa volta a Palazzo Chigi, la squadra di governo del M5S. Due le priorità messe sul tavolo: la legge di bilancio – che per Di Maio non potrà e dovrà limitarsi alla sterilizzazione dell’Iva e il taglio dei parlamentari, sui quali il Movimento vuole imprimere un’accelerazione a tutti i costi.

Nessun accenno, nella riunione, alle mosse di Renzi. Mosse che, si spiega, Di Maio osserva senza alcun stupore e con una convinzione già maturata nelle settimane della trattativa sul governo: che Zingaretti non fosse l’unico interlocutore.

(di Michele Esposito/ANSA)

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