Facebook condannata a risarcire azienda italiana per app

Presentazione dell'azienda "Business Competence" nel sito web. (www.businesscompetence.it)

MILANO. – Facebook deve risarcire con 350mila euro una società dell’hinterland milanese di sviluppo software, la “Business Competence”, dalla quale il colosso statunitense ha copiato, secondo i giudici, un’applicazione che propone agli utenti bar e ristoranti di loro interesse e vicini ai luoghi in cui si trovano.

Lo ha stabilito la Sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Milano nel procedimento sulla quantificazione del danno, dopo che già in primo grado e poi in appello nel merito l’azienda di Cassina de’ Pecchi, con l’avvocato e professore Marco Spolidori, ha vinto la battaglia legale.

Non è escluso, ad ogni modo, che la stessa Business Competence presenti ricorso ritenendo la cifra decisa dai giudici troppo bassa, anche perché, come si legge nella sentenza, i presunti danni erano stati valutati dai consulenti dell’azienda per un ammontare che raggiungeva anche i 18 milioni di euro.

I giudici (Marangoni-Zana-Perrotti) hanno scelto, però, di svolgere “proprie autonome valutazioni” sulla determinazione dell’importo, “secondo criteri e modalità di estrema prudenza, rese necessarie” dal “quadro assolutamente astratto e sostanzialmente discrezionale dei criteri e dei valori selezionabili”.

E dalla “necessità di contenere la presunta vita utile di Faround”, questo il nome dell’applicazione inventata dall’azienda italiana, “in termini temporali nettamente più ristretti”, ossia con “l’ipotesi di una vita comercialmente utile di Faround delimitata a due anni”.

I giudici hanno anche disposto, comunque, a carico di Facebook 90mila euro di spese legali a favore della società italiana e il rimborso dei consulenti tecnici della stessa azienda. Nell’aprile del 2018, il social network aveva perso anche in appello sul merito nella causa civile.

La Corte milanese aveva confermato “integralmente” la condanna inflitta nell’agosto 2016 per violazione del diritto d’autore e per concorrenza sleale.

Nell’ottobre 2012, infatti, la piccola azienda italiana aveva ideato e lanciato la app Faround e poi poco meno di due mesi dopo, nel dicembre dello stesso anno, la società di Mark Zuckerberg aveva proposto agli utenti di scaricare la sua Nearby.

Un’applicazione quest’ultima che, però, per Business Competence, che ha deciso di portare in Tribunale il colosso Usa, era identica alla propria per “concept e format”, ad eccezione soltanto degli aspetti grafici.

Una tesi condivisa dai giudici. Come si legge nella sentenza non esistono prove che “Nearby Places sia stata sviluppata in modo autonomo da Facebook rispetto a Faround”.

Da qui, a detta dei giudici, la conseguente “appropriazione parassitaria di investimenti altrui per la creazione di un’opera dotata di rilevante valore economico”. Oggi è arrivata la decisione sulla quantificazione del danno in primo grado.