Le truppe di Assad con i curdi. Bombe sui giornalisti

Donne con bambini in fuga dai campi dei rifugiati dopo l'assalto delle truppe turche
Donne con bambini in fuga dai campi dei rifugiati dopo l'assalto delle truppe turche. EPA/AHMED MARDNLI

BEIRUT. – Clamorosa svolta nella guerra nel nord-est della Siria. Le forze curde hanno trovato un accordo con il regime di Assad, impensabile fino a qualche giorno fa, per far entrare oltre l’Eufrate truppe di Damasco “a protezione” della cittadina chiave di Kobane, minacciata dall’offensiva turca. L’intesa, mediata dalla Russia di Vladimir Putin e confermata dalle parti, riguarda anche l’altra cittadina strategica contesa, Manbij, a ovest dell’Eufrate.

Il tutto mentre gli americani hanno annunciato l’evacuazione dei loro mille soldati da tutta l’area coinvolta dalla campagna militare turca.

La quinta giornata di guerra è stata segnata da nuovi scontri e violenze, e da allarmanti notizie sulla fuga di centinaia di familiari di combattenti Isis. Almeno un giornalista straniero è stato ucciso assieme a un reporter turco nei pressi della località di Ras al Ayn/Serekanie. Le fonti curde parlano di altri due giornalisti stranieri uccisi, ma al momento non ci sono conferme. Né si conoscono ancora le generalità del reporter straniero ucciso. Questi faceva parte di un gruppo di giornalisti, civili e miliziani curdi che si trovavano a bordo di pulmini diretti da Qamishli verso Serekaniye, assediata dalle forze arabo-siriane cooptate da Ankara e sotto il fuoco intenso dell’esercito e dell’aviazione turca.

Per l’Osservatorio per i diritti umani in Siria, sono almeno 14 le persone uccise in questo raid turco. Una decina sono civili. E su questo massacro è circolato oggi un filmato shock in cui si mostrano le immagini di resti di corpi di donne e uomini, miliziani e civili. Tra loro ci sono diversi feriti a terra, aiutati dai primi soccorritori in uno scenario di devastazione: pozze di sangue, brandelli di corpi carbonizzati, lamiere contorte di veicoli in fiamme, il corpo senza vita di una donna.

Questo massacro è solo uno dei numerosi registratisi nei giorni scorsi. Secondo l’Osservatorio, almeno 24 persone sono state uccise nel nord-est siriano, mentre fonti militari turche parlano di una ventina di miliziani filo-Ankara morti in battaglia. Ufficialmente i soldati turchi uccisi sono finora due dall’inizio, il 9 ottobre scorso, della campagna militare. Ma si tratta di bilanci parziali e non verificabili in maniera indipendente sul terreno.

L’Onu ha dal canto suo lanciato un allarme per il rischio che le violenze costringano a fuggire dalle loro case circa 400mila persone. Ancora secondo i dati dell’Osservatorio, in cinque giorni di battaglia ci sono già 130mila sfollati. Tra questi ci sono persone più volte costrette ad evacuare: come le migliaia di civili che oggi sono fuggiti dal campo profughi di Ayn Issa, a nord di Raqqa.

Tra le 10 mila persone in fuga, oltre 800 familiari di membri dell’Isis, per lo più donne e bambini, scappati in direzioni non meglio precisate.

A contribuire alla sensazione di caos ci sono poi le notizie del ritiro delle truppe Usa dalla base della stessa Ayn Issa, a metà strada tra Raqqa e il confine turco. Secondo fonti ufficiali americane, i soldati sono pronti a lasciare le loro postazioni a Kobane e a Manbij. Proprio in queste due città chiave a ovest e a est dell’Eufrate si preparano a entrare le truppe di Damasco, che già stanno muovendo verso il nord, sostenute da quelle russe.

Ma c’è il rischio di uno scontro militare diretto con le milizie arabo-siriane filo-Ankara. Queste sono infatti avanzate lungo il confine, conquistando la località frontaliera di Tall Abyad. E sono penetrate nell’interno interrompendo un tratto dell’autostrada M4, a sud di Serekaniye. L’intera campagna attorno a Serekaniye è in mano delle milizie filo-turche, che hanno preso anche la collina di Tall Arqam, dove solo pochi giorni fa sorgeva una postazione americana.

(di Lorenzo Trombetta/ANSAmed)

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