Emergenza in Siria, un milione e mezzo senza cure

Bambini in un campo profughi in Siria. (globalist.it)

ROMA. – Nel nord est della Siria, l’area interessata dall’avanzata dell’esercito turco, è in atto una vera e propria emergenza umanitaria, con 1,5 milioni di persone senza cure e rischi sempre più forti di epidemie di malattie infettive.

All’allarme lanciato dall’Oms, che denuncia continui attacchi alle strutture sanitarie, si è unita la voce delle Ong, che non riescono più a operare sul terreno per i problemi di sicurezza.

“I servizi sanitari nell’area, già indeboliti, hanno avuto conseguenze gravi dagli ultimi sviluppi”, scrive l’Organizzazione Mondiale della Sanità, secondo cui ci sono già 200mila profughi nell’area.

“L’ospedale nazionale di Ras Al-Ain – sottolinea il comunicato dell’Oms – è chiuso e l’ospedale nazionale e due centri sanitari a Tel Abyad hanno servizi limitati dal 12 ottobre a causa dell’escalation delle ostilità, che ha impedito l’accesso del personale. Tutte le strutture nei campi profughi ad Ain Issa e Ras al Ain sono state evacuate”.

Il danneggiamento della stazione di pompaggio di Ras Al Ain, la principale fonte di acqua per quasi tutta l’area interessata, ha aumentato il rischio di epidemie. “Anche prima dell’escalation, diarrea acuta e febbre tifoide erano due delle malattie più frequenti nel nord est della Siria. L’aumento delle persone sfollate, il sovraffollamento e l’accesso limitato ad acqua e servizi sanitari provocheranno con grande probabilità un aumento delle patologie legate all’acqua”.

Il problema è stato sottolineato anche da Francesco Rocca, presidente della Federazione Internazionale delle Società di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa. “Sul campo attualmente – spiega – c’è soltanto la Mezzaluna curda. Chiediamo per l’ennesima volta che ci venga garantito l’accesso, che i civili vengano risparmiati e che i presidi medici vengano protetti”.

E in giornata è arrivata anche la notizia che ‘Un ponte per’, l’unica Ong italiana presente attualmente in Siria, ha evacuato il proprio personale dal paese. Secondo l’Ong, l’allontanamento riguarderebbe non solo il proprio personale ma anche quello di tutte le altre Ong presenti nell’area e questo, dicono, “avrà conseguenze incalcolabili sul sostegno fornito ai civili.

Questa situazione è una diretta conseguenza dell’immobilismo della comunità internazionale. Sin dal primo giorno di questo attacco siamo stati testimoni di atti di guerra indiscriminati contro la popolazione civile e abbiamo denunciato che se niente fosse stato fatto per fermare l’escalation, le conseguenze sarebbero state devastanti”.

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