La Cina frena ancora, ‘solo’ un +6% nel terzo trimestre

Un supermercato della catena americana Walmart a Hangzhou, Cina. (Dreamstime)

PECHINO. – Il Pil della Cina frena ancora nel terzo trimestre e cresce del 6% annuo a fronte di attese pari al 6,1%, ai minimi del primo trimestre del 1992, anno di inizio dell’attuale modello di rilevazione statistica.

Nel mezzo delle turbolenze commerciali con gli Stati Uniti, il dato segue il 6,2% del secondo trimestre e il 6,4% del primo, aiutato dal maxi taglio fiscale da 300 miliardi di dollari.

L’economia “si è tenuta stabile nel complesso durante i primi nove mesi dell’anno”, ha notato Mao Shengyong, portavoce dell’ Ufficio nazionale di statistica, notando che “primari indicatori economici si sono tenuti al passo ragiovenole”, tra occupazione e inflazione, al netto dei prezzi dell’energia e alimentari.

Mao non ha nascosto un outlook complesso: “Bisogna essere consapevoli che, con le difficili condizioni interne ed esterne, il rallentamento dell’economia globale, l’instabilità crescente e le incertezze esterne, l’economia è sotto il peso delle spinte al ribasso”. Sull’ultimo trimestre, ha citato la minor frenata della vendita di auto e della produzione industriale, nonché la stabilizzazione degli investimenti infrastrutturali.

Anche il mini accordo (o la tregua) con gli Usa, se dovesse concretizzarsi, sarebbe un fattore positivo: “è una buona cosa per i mercati e per l’economia globale, inclusa quella cinese”.

Il 6% è il peggior dato del Pil in quasi 30 anni, pur restando al top tra le principali economie: le Borse lo hanno pagato con Shanghai che ha perso l’1,32% e Shenzhen l’1,17%. Malgrado si sia tenuto nella forchetta fissata per il 2019 dal governo al 6-6,5%, la performance è ampiamente sotto il 6,6% dell’intero 2018.

Il Fmi ha tagliato in settimana, nel suo World Economic Outlook, dal 6,2% al 6,1% la crescita della Cina per quest’anno, stimando un 5,8% nel 2020.

Gli investimenti in asset fissi, tradizionale parametro per misurare l’attività delle costruzioni e per lungo tempo un pilastro dell’economia, si sono indeboliti, passando al 5,4% rispetto al 5,5% dei primi 8 mesi e al 5,8% del semestre.

La produzione industriale ha avuto un rimbalzo del 5,8% a settembre, dal 4,4% di agosto e più del 5% atteso in media dagli analisti.

Le vendita al dettaglio, l’indicatore più osservato sull’andamento dei consumi, è salito del 7,8%, in linea con le previsioni e più del 7,5% di agosto: si tratta, tuttavia, di valori insufficienti a vincere la scommessa del governo sulla spinta ai consumi interni al punto che il ministero delle Finanze sta lavorando a uno schema sull’Iva per alimentare la domanda.

Il quadro generale lascia ipotizzare nuove mosse di política monetaria e fiscale di fronte alla debolezza dell’export (-3,2% a settembre).

Nei primi 9 mesi, il Pil si è tenuto al 6,2%, a circa 69.780 miliardi di yuan, quasi 10.000 miliardi di dollari: il governo ha stimato le spese per i consumi come generatrice del 60,5% del Prodotto interno lordo, gli investimenti al 19,8% e l’export netto al 19,6%.

(di Antonio Fatiguso/ANSA)

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