Caos manovra: Di Maio impone cambiamenti, gelo con Conte

Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato.
Giuseppe Conte, Presidente del Consiglio, Luigi Di Maio, Ministro degli Esteri e Dario Franceschini, Ministro della Cultura durante la discussione sulla fiducia al nuovo governo nell'aula del Senato, Roma 10 settembre 2019. ANSA/FABIO FRUSTACI

ROMA. – “Senza il nostro voto non si va da nessuna parte”. Il Movimento 5 stelle piazza parole come dinamite sulla manovra. Luigi Di Maio convoca a Palazzo Chigi, assente Giuseppe Conte, i ministri M5s e decide di sferrare un attacco durissimo. La manovra scritta dal premier e dal ministro Dem Roberto Gualtieri viene bocciata in diversi punti, dal taglio del cuneo fiscale al tetto al contante.

I Cinque stelle invocano “un vertice di maggioranza”, seguiti a ruota dai renziani di Italia viva. “L’impianto della manovra non cambia e non cambierà”, commenta Gualtieri, che sdrammatizza i contrasti come “fisiologici”. Ma il Pd non gradisce i “minacciosi” toni dei Cinque stelle e Dario Franceschini, parafrasando il detto, avverte: “Un ultimatum al giorno toglie il governo di torno”.

In un braccio di ferro mai interrotto dal burrascoso Consiglio dei ministri di martedì notte, Conte prova a dare un segnale di disponibilità in mattinata da Bruxelles: “Non mi sottrarrò a ulteriori verifiche sul testo definitivo” della manovra, approvata “salvo intese”.

Ma nel mirino c’è il suo piano antievasione, che secondo il M5s penalizza commercianti e professionisti. E sul punto Conte non intende indietreggiare. Anzi, rilancia. Le risorse dal contrasto “all’economica sommersa” saranno usate per abbassare le tasse: si studia di “unificare al 20% le aliquote Irpef del 27% e del 23%”, svela. Perciò fa “appello” a tutti i partiti a “fare muro” in difesa del pacchetto di norme che vanno dall’incentivo delle carte di credito alle multe per chi non installi pos, fino al calo da 3000 a 2000 euro del tetto al contante.

Si può discutere, per il premier, su aspetti di dettaglio, sulle partite Iva come sulle multe: “Ho parlato con gli operatori per azzerare o ridurre sensibilmente le commissioni sulle carte”, annuncia. Ma “non è che ogni opinione diventa una contromanovra”, taglia corto.

Matteo Renzi, lanciando la sua Leopolda “di sfida”, annuncia che voterà un emendamento per cancellare quota 100. Ma quello, ribatte Conte, è “un pilastro” della legge di bilancio. Le parole del premier dovrebbero far piacere ai Cinque stelle, che hanno strenuamente difeso la misura sulle pensioni. Ma a Di Maio non basta. Per due ore in mattinata, al rientro dagli Usa, riunisce ministri e sottosegretari M5s. E che li convochi a Palazzo Chigi suona all’esterno come un segnale di sfida.

Tra i Cinque stelle c’è chi pensa che la manovra sia troppo a trazione Pd o, come dice anche qualche renziano, “comunista”. Sulla richiesta di modifiche Di Maio e Renzi sono dallo stesso lato della barricata e già fanno preparare emendamenti: “C’è sintonia sul no a nuove tasse”, conferma Maria Elena Boschi. Ma se i voti di Iv sono decisivi per la maggioranza, il M5s rivendica il proprio ruolo di primo “azionista” del governo. E lo fa con veemenza, in un lungo post sul Blog delle stelle: “Fiducia nell’esecutivo e massima fiducia in Conte ma è il Parlamento a decidere”.

E, facendo valere i suoi numeri, i cinque stelle dicono no al tetto al contante e alle multe sui pos che non portano risorse e “non combattono l’evasione” ma danno un segnale “devastante” a professionisti e commercianti. Ripetono che serve il carcere per chi evade oltre 100mila euro e propongono di tassare i concessionari autostradali.

Intimano di non cambiare le regole della flat tax per le partite Iva fino a 65mila euro: “Che senso ha tagliare le tasse sul lavoro dando 40 o 50 euro in più al mese se poi si prendono i soldi da chi si spezza la schiena?”, chiedono provocatoriamente, attaccando la misura più cara al Pd.

“Tengono nel mirino i lavoratori dipendenti. I soldi sono pochi? Bene, aumentiamoli!”, ribatte Andrea Orlando. A sera, mentre nei partiti si alimentano le voci di possibili ribaltoni di Di Maio e Renzi ai danni di Conte, non risultano notizie di contatti tra il premier e il ministro degli Esteri.

Il vertice potrebbe esserci tra domenica sera e lunedì, al ritorno di Gualtieri da Washington ma non è ancora convocato. M5s non rinuncia all’idea di far tornare la manovra in Cdm e invoca “più dialogo”. La partita si annuncia lunga.

(di Serenella Mattera/ANSA)

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