Settimana della cucina italiana: Tutti a tavola con prodotti doc

CARACAS – Chi, nei cinque continenti, non conosce la pizza, gli spaghetti o il pasticcio? Chi, soprattutto nel mondo occidentale, non ha mai assaggiato una bruschetta, un risotto, un minestrone, una cotoletta, una melanzana alla parmigiana, una salsa al pesto o un ragù? Per non parlare, poi, di dolci e liquori come il panettone, il tiramisù, il campari o il limoncello. Insomma, la cucina italiana è oramai universale grazie ai suoi sapori e la sua semplicità. Ed è anche uno strumento, forse il più idoneo, per trasmettere la italianità, la cultura, i valori, il Made in Italy e, se vogliamo, anche un po’ di “dolce vita”.

Per questi e altri motivi, Il governo e le ambasciate in 50 paesi danno vita quest’anno alla “IV Settimana della cucina italiana nel mondo”, un evento che in questa occasione si svolge all’ insegna dell’educazione alimentare.

Mangiare bene, vivere meglio

– La salute è il primo valore della vita umana ed è intimamente legato a ció che si mangia – ha iniziato così la conferenza di stampa l’incaricato d’affari nel Venezuela Placido Vigo -. Che significa? Significa che se non ci si alimenta di forma corretta, purtroppo presto si starà male. Si avrànno parametri nel sangue che non rispecchiano la media prevista. Si avrànno problemi di obesità, di diabete. Insomma, si vivrà in maniera diversa da chi sta in migliori condizioni.

La bontà della dieta mediterranea, che dal 2010 è stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità dell‘Unesco e nel suo seno la dieta italiana, è spiegata in un corrometraggio presentato nel ristorante “ACappella”, luogo in cui si è svolta la stampa.

“Molti di più di un elenco di cibi. – indica lo speaker -, questa dieta è capace di promuovere l’interazione sociale. Mangiare insieme è la base dell’identità culturale delle comunità del mediterraneo e svolge un ruolo vitale negli spazi culturale e di celebrazione, dove confluiscono tutte le età e le classi sociali”.

E aggiunge:

“La dieta mediterranea è considerata la più salutare. L’Italia è seconda al mondo nell’indice di salute generale. Ed è la terza più longeva e meno obesa dell’area Ocse, merito della cultura alimentare che si tramanda da generazione in generazione”,

Le linee guida della sana alimentazione della dieta mediterranea “non escludono nessun cibo ma ne indicano le quantità consigliate per una dieta varia e piacevole ma equilibrate”.

Scegliere, senza proibire

– Per gli italiani mangiare non è solo un piatto ben presentato e il suo gusto. Non è solo saper bere una coppa di vino.  È anche stare insieme, condividere e fare del momento del cibo un atto sociale, conviviale, familiare – commenta Alfredo D’Ambrosio presidente della Camera di commercio venezolano italiana.

Insomma, si tratta di “sedersi a tavola, vedersi in faccia e parlarsi. Condividere sentimenti, opinioni, allegrie. Non è certamente mangiare vedendo o parlando con un telefonino”, Illustra Vigo.

Placido Vigo, ufficialmente per il Ministero degli Esteri venezolano “Incaricato d’Affari” ma che in realtà svolge funzioni di Ambasciatore d’Italia nel paese, mette a fuoco il la cultura alimentare che promuove il governo, basata sulla educazione e sulla consapevolezza e non sulla proibizione.

– Il criterio fondamentale – spiega – è saper scegliere, saper mangiare varietà, saper fare esercizio, saper come combinare alimenti semplici. Non si può definire – aggiunge – se un alimento in sé sia buono o no.

Per questo però “è fondamentale educare i consumatori, renderli consapevoli di cosa mangiano. È quindi indispensabili avere una etichettatura che informi correttamente il consumatore educandolo senza condizionarlo”

Dall’Italia, con sapore

Grazie alla notorietà della cucina italiana, i prodotti alimentari nostrani sono esportati in tutto il mondo per i loro sapori e qualità. I dati riportati dall’Ambasciata e dalla Cavenit dicono che l’Italia ha 485 ricette originali. Segue Francia con 80. ricette.

In quanto all’esportazione degli alimenti, Italia è tra i 3, 4 paesi più importante al mondo con un fatturato di 47 mila milioni di euro. Francia ne esporta 8 miliardi e Giappone 1,5 miliardi.

Nel caso del vino, poi, Italia è il maggiore produttore al mondo, con più di 48 milioni di ettolitri ed è anche il primo esportatore al mondo, “specialmente per il prosecco, che è già patrimonio dell’Unesco”.

Una settimana d’incontri

Quest’anno, nell’ambito della manifestazione, sono previste cene, degustazioni, musica, conferenze, danze, “masterclass” di cucina a grandi e piccoli con la partecipazione dello chef italo-venezuelano Gioacchino Sensale ed altre attività di promozione commerciale.

Fra le conferenze, gli imprenditori Serenella Rossa e Massimo Visconti ci racconteranno come “Gli italiani arrivarono con le loro verdure” e insegnarono come mangiarle in un paese dove  capitava spesso di trovare casalinghe chiedendo nel mercato cosa fosse o come si cucinasse il carciofo, la melanzana, la cicoria, il radicchio o il finocchio.

L’umorista Claudio Nazoa ci dirà come “Gli spaghetti ci rendono liberi”. Cosa non difficile da speigare, considerando che i venezolani sono al quarto posto nel consumo mondiale di pasta per capita, con circa 12 kili l’anno, dopo l’Italia, la Tunisia e la Grecia, secondo un rapporto dell’Associazione Venezolana di Fabbricanti di Paste Alimentari (Avepastas), con cifre del 2017.

Origini oltre mare

Contrario a quanto che si potrebbe pensare, la cucina italiana, o ciò che si intende per “cucina italiana”, non è nata nel BelPaese, ma, come spiegano gli esperti, sulla tavola degli emigranti e soprattutto in America. ‘E il risultato di un processo di identificazione e integrazione degli italiani all’estero.

Mentre nell’incipiente Italia del dopo guerra, racconta lo scrittore Attilio Angelo Alleotti, gli abitanti “ancora non parlavano una lingua nazionale, non capivano cosa fosse l’Italia” e le cucine regionali si mantenevano separate nei loro spazi naturali, nella Little Italy di New York, nel quartiere La Boca a Buenos Aires o a La Petite Italie a Montreal, gli italiani si riunivano a pranzo la domenica con parenti, amici e connazionali di altre regioni. Ed è in questi incontri, dove si diffondono e rendono popolari i piatti più rappresentativi delle diverse regioni.

“L’identità italiana si consolida nel momento del pranzo della domenica…. Ed il forte vincolo fisico e affettivo si compie nei riti del mangiare”, scrive Alleotti nel suo libro “Las carabelas de la abundancia”.

Citando studiosi del tema come Mario Moroni, Vito Teti e Paola Conti, l’esperto afferma che “solo nella emigrazione si fa realtà il sogno artistico di una cucina nazionale, di un modello gastronomico che rappresenta tutto e tutti e che, di fatto, potrebbe definirsi come cucina italiana”.

“Nella emigrazione, l’arte di condividere il tavolo cominciò a far sì che gli italiani si riconoscessero tra di loro come tali e si presentassero come se fosse un biglietto da visita collettivo. A partire da questo punto, il passo per convertire un’arte in una professione produttiva fu corto: Italiani, uomini e donne si trasformarono in anfitrioni nei paesi di ricevimento, trasformando in ‘bisnés’ parte dell’allegria e il piacere delle riunioni dominicali, la familiarità delle amicizie – continua Alleotti -. Grazie a loro – conclude – nelle Americhe, diventa realtà il sogno di unificare una cucina per uno Stato già unificato e di posizionare la cucina italiana tra le più apprezzate e riconosciute al mondo”.

Roberto Romanelli

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