Sos di Renzo Piano: “Italia fragile, serve un progetto”

Renzo Piano presenta la sua "idea" di ponte per sostituire quello crollato a Genova.
Renzo Piano presenta la sua "idea" di ponte per sostituire quello crollato a Genova.

ROMA.- L’Italia “è un paese bellissimo e fragile, ma togliamoci di dosso l’idea che le cose avvengano per fatalità: tutte le situazioni, anche le più complesse si posso affrontare con un piano complessivo e di lungo respiro”. Al Senato con gli studenti e i professori delle università per presentare i progetti 2019 del suo “rammendo delle periferie” -il lavoro che porta avanti da quando sei anni fa l’allora presidente Napolitano lo volle senatore a vita- Renzo Piano affronta anche il dramma dei viadotti che crollano, dei terremoti, del territorio che si sgretola sotto le grandi piogge .

E lancia un messaggio alla politica “in codice, ma nemmeno poi tanto”, scherza, mentre batte e ribatte sulla sua convinzione di sempre, quella che la politica come l’architettura debbano essere agganciate alla realtà. “Abbiamo problemi idraulici, geologici, sismici: un ponte non può crollare.. se crolla si ricostruisce, certo, ma è sofferenza, per questo dico alla politica che ci vuole un piano generale e che serve un maggiore radicamento con la realtà”.

Lui intanto, insieme ai ragazzi (12 giovani architetti) e a quattro professori chiamati al ruolo di tutor ( Edoardo Narne, Pisana Posocco, Raffaella Neri, Bruno Messina) porta avanti imperterrito e paziente anche quest’anno la politica delle ‘piccole cose’, “piccoli, alle volte piccolissimi interventi ma concreti”, sottolinea presentando i quattro team al lavoro a Milano, Padova, Roma e Siracusa e ribadendo il suo amore per le periferie, “luoghi pieni di energia, fabbriche di desideri”.

Il rammendo del territorio che proprio ieri ha portato all’apertura di un cantiere a Sora (Frosinone) per una scuola antisismica in legno, quest’anno si concretizza nelle storie delle detenute del carcere romano di Rebibbia, per le quali e con le quali il team della Sapienza di Roma ha inventato e sta realizzando una casetta tra gli alberi “dove le madri potranno incontrare figli e famiglia in un contesto accogliente e domestico”.

O nella scuola di Niguarda (“quartiere milanese che è quasi una città nella città”) ristrutturata, riqualificata e colorata dagli studenti del Politecnico di Milano. A Padova si è scelto di intervenire in due situazioni diverse: una parrocchia e una piazza entrambe da restituire alla collettività. A Siracusa il vecchio e degradato quartiere anni ’70 di Mazzarona avrà una scala verso il mare, una sala civica e anche una tribuna per il campo di calcetto.

Piccoli interventi tutti auto-realizzati dai giovani architetti che con l’aiuto di altri studenti e della popolazione si sono improvvisati anche carpentieri, pittori, falegnami. Piano, che in questi mesi sta completando a Mosca la realizzazione del più grande centro culturale di tutta la Russia (l’inaugurazione è prevista a settembre 2020) ha gli occhi che brillano: “a Rebibbia ieri vedendo le detenute al lavoro per quella casetta mi sono commosso – racconta – costruire è un atto di pace, ma anche un modo per dare speranza”.

Tant’è, l’intervento per mettere in sicurezza l’Italia, quello, sottolineerà poi a margine con i cronisti che lo assediano, è veramente complesso, anche se non impossibile “visto che altri paesi ci sono riusciti”. La politica deve impegnarsi, agganciarsi alla realtà. “Io intanto rilancio l’idea delle piccole cose -conclude- facciamo tante piccole cose che siano come tante gocce, perché con le gocce, se sono tante, si fa il mare. E magari, perché no, un mare pieno di sardine”.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)