L’Iran ammette uccisioni nelle proteste. Trump: “Terribile”

Iran, un veicolo brucia durante le proteste.
Iran, un veicolo brucia durante le proteste. EPA/STRINGER

ROMA.- Tre settimane dopo l’inizio delle proteste in Iran scatenate dai rincari della benzina, che hanno portato alle più gravi violenze nei 40 anni di Repubblica islamica, per la prima volta Teheran riconosce che le forze di sicurezza hanno sparato e ucciso alcuni manifestanti.

A dirlo è stata la televisione di Stato, senza tuttavia fornire alcuna cifra precisa, mentre le autorità insistono nell’affermare che le forze di sicurezza non hanno preso di mira dimostranti pacifici, ma bande di facinorosi e “teppisti”.

Di tutt’altro avviso il presidente americano Donald Trump, secondo il quale il regime iraniano è responsabile della morte di “migliaia” di persone “per il solo fatto di aver manifestato”. Una cosa “terribile”, ha aggiunto l’inquilino della Casa Bianca.

Amnesty International aveva fornito un bilancio aggiornato di almeno 208 uccisi, ma avvertendo che si tratta soltanto di vittime accertate, mentre il numero reale potrebbe essere di molto superiore. Notizie contraddittorie anche sul numero degli arrestati.

Oggi il governatore di Teheran, Anoushiravan Mohseni-Bandpey, ha detto che almeno 2.000 persone sono finite in carcere, ma ha aggiunto che “molti sono stati interrogati e poi rilasciati”, mentre “quelli che hanno ricevuto istruzioni dall’estero per incendiare le strade e destabilizzare il Paese sono ancora detenuti”.

Qualche giorno fa un deputato aveva parlato di almeno 7.000 arrestati. Mentre dunque rimane difficile fare bilanci, anche a causa di un blocco quasi totale di Internet da parte delle autorità durato diversi giorni, tornano paradossalmente a diffondersi proprio in questi giorni le voci su nuovi possibili prove di negoziato tra l’Iran e gli Usa, che da oltre un anno, dopo essere usciti dall’accordo sul nucleare del 2015, impongono pesantissime sanzioni economiche alla Repubblica islamica.

“Oggi, come risultato della resistenza dell’Iran – ha detto il presidente iraniano Hassan Rohani – Washington sta cercando un dialogo con Teheran. Ci ha mandato messaggi segreti chiedendo di tenere dei negoziati”.

Ma segnali di apertura si erano avuti nei giorni scorsi anche da parte iraniana, quando il presidente del Parlamento Ali Larijani – che qualcuno vede come possibile successore di Rohani alla scadenza del suo mandato nel 2021 – aveva detto che la porta dei negoziati con gli Usa “non è chiusa”, a patto che Washington revochi le sanzioni che hanno messo in ginocchio l’economia iraniana, contribuendo a scatenare la rabbia popolare.

E proprio in questi giorni è in missione a Teheran il ministro degli Esteri dell’Oman Yusuf bin Alawi, il cui governo ha svolto in passato opera di mediazione fra la Repubblica islamica a gli Usa. Con la fine del blocco di Internet, intanto, circolano sempre più numerosi video messi in rete da attivisti, ma impossibili da verificare, sulla repressione dei giorni scorsi.

In alcuni di questi si vedono immagini sfocate di agenti delle forze di sicurezza sparare verso i manifestanti, o picchiarli duramente. In uno dei filmati si vedono mezzi blindati in un paesaggio di campagna e poi si sentono raffiche di mitra.

Secondo gli attivisti le immagini si riferirebbero ad una strage di cui accusano le forze di sicurezza e che sarebbe avvenuta in una piantagione di canne da zucchero a Mahshahr, nel sud del Paese, dove i manifestanti avevano cercato rifugio all’arrivo delle Guardie della rivoluzione.

Secondo gli stessi attivisti, fino a cento persone potrebbero essere rimaste uccise. Ma secondo la polizia l’operazione ha preso di mira i miliziani di un gruppo armato che per primi avevano aperto il fuoco contro gli agenti.

(di Alberto Zanconato/ANSA)

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