Doping: Russia sotto shock, Putin pronto a contromosse

Un tifoso sventola la bandiera russa durante i Giochi Olimpici d'Inverno 2018. (Forbes)

MOSCA.  – L’ultima stangata per lo scandalo doping ha sollevato in Russia indignazione e turbamento. Putin non punta il dito contro le autorità sportive russe, sarebbe un po’ come puntarlo contro se stesso.

Suona invece la carica: denuncia che il verdetto dell’agenzia antidoping mondiale (Wada) è “políticamente motivato” e accenna a possibili contromosse giuridiche per ribaltarlo.

La Russia potrebbe dunque impugnare davanti alla Corte di arbitrato per lo sport (Cas) la decisione di escluderla per quattro anni dalle principali competizioni sportive internazionali.

Non possono esserci “sanzioni collettive”, dice Putin, accusando la Wada di aver addirittura violato la Carta Olimpica. Gli atleti “puliti” in realtà potranno comunque gareggiare, ma non come rappresentanti della Russia.

Il punto è che se il tricolore russo non sventolerà né alle Olimpiadi di Tokyo né ai Mondiali di calcio in Qatar è perché, secondo la Wada, i russi hanno falsificato i dati di laboratorio consegnati lo scorso gennaio agli investigatori antidoping.

Quel che è peggio è che la Russia era già stata punita per lo scandalo del doping di Stato, andato avanti dal 2011 al 2015, e la consegna di quei campioni era una condizione chiave per il suo definitivo rientro nella comunità sportiva internazionale.

La Russia ammette il problema doping ma nega che il Cremlino abbia messo in piedi un gigantesco sistema di dopaggio per trionfare nello sport e in particolare alle Olimpiadi di Sochi.

Eppure questa è proprio la realtà che emerge dalle inchieste dalla Wada. In questo contesto, Putin punta ancora una volta sull’amor di patria e chiama a raccolta sportivi e semplici cittadini russi affinché facciano quadrato attorno a lui. Tutta questa storia viene raccontata come una sorta di complotto, come un tentativo di sminuire la Russia.

Il premier Dmitri Medvedev parla di “isteria anti-russa”. “Queste sanzioni sono crudeli, ingiuste, atroci e assassine”, denuncia l’ex campionessa di salto con l’asta Yelena Isinbayeva. “Perché non controllano gli Usa, la Norvegia, la Gran Bretagna?” tuona l’ex allenatore della nazionale di calcio e ora deputato Valery Gazzaev.

Ci sono però anche le voci fuori dal coro, come Maria Lasitskene. Mentre politici e sportivi fanno a gara a definiré “politicizzata” la sentenza della Wada, la tre volte campionessa del mondo di salto in alto ha scritto una lettera aperta accusando le autorità sportive russe di non aver vigilato adeguatamente sul doping e di non aver quindi difeso gli atleti onesti.

“Se sono stati cacciati i principali artefici dello scandalo – chiede Lasitskene – perché la situazione non è cambiata? Perché nella nostra atletica vengono tuttora usate sostanze proibite, lavorano allenatori degli atleti che si sono dopati e i funzionari falsificano i documenti ufficiali?”.

(di Giuseppe Agliastro/ANSA)

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